Un nuovo bavaglio

Dalla Rete NoBavaglio arriva l’appello rivolto ai direttori delle testate giornalistiche, agli operatori dell’informazione e alla società civile

 

Il punto di partenza è il pericoloso emendamento del deputato di azione Enrico Costa sul divieto di dare conto del testo integrale delle misure cautelari. Il testo è passato nel recepimento della legge di delegazione europea alla Camera dei deputati, ma presto vi sarà la lettura al Senato. Se diventasse definitivo, l’articolato passerà poi al vaglio del Presidente della Repubblica, che la Federazione della stampa ha invitato a non firmare.

Il divieto «che secreta le ordinanze di custodia cautelare e i contenuti fino alla fine dell’udienza preliminare rappresenta un provvedimento autoritario gravissimo – afferma la rete No bavaglio – che non solo colpisce e limita il lavoro dei giornalisti ma soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati e rende più indifese le stesse persone private della libertà.

 

Si tratta dell’ennesimo bavaglio messo alla stampa che non sorprende. É la conferma  – si legge ancora – dell’attacco all’informazione portato avanti negli ultimi anni dai poteri forti e dalla politica più brutta. Nel nostro Paese, infatti, esiste un partito del bavaglio trasversale ai vari schieramenti parlamentari che vuole silenziare l’informazione per poter agire in modo indisturbato e senza avere addosso l’occhio mediatico».

È successo, ricorda ancora la Rete, «durante la stagione del governo Berlusconi e ancora nel 2015 quando il governo Renzi voleva impedire la pubblicazione delle intercettazioni».

Proprio in quell’occasione è nata la Rete NoBavaglio con un appello scritto insieme al giurista Stefano Rodotà e poi condiviso dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), dall’Ordine nazionale dei giornalisti (Odg) e da decine di associazioni e organizzazioni, personalità della cultura e dello spettacolo e del mondo politico in prima linea nella difesa dei diritti democratici, la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione.

 

«Con l’alibi della difesa della privacy – conclude l’appello –, del diritto all’oblio e della presunzione di innocenza del decreto Cartabia (che affida ai procuratori la responsabilità di decidere se possa essere resa pubblica una inchiesta), si vuole sempre più condizionare l’indipendenza dell’informazione. La stessa riforma del reato di diffamazione, attualmente in discussione in Parlamento, non solo non risolve il problema delle querele-bavaglio ma toglie ulteriore autonomia ai giornalisti stabilendo multe onerose e l’obbligo di rettifica senza contradditorio. In questo clima di censura di Stato si contestualizza l’emendamento approvato ieri, che proibisce la pubblicazione dei contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare.
Di conseguenza dal momento dell’arresto fino al processo, all’opinione pubblica per mesi sarà negato il diritto di essere informata su temi importati come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia. Ma non solo: non sarà possibile conoscere le accuse e le prove contestate alla persona finita in carcere. E quindi, se si tratta di una reclusione legittima o eccessiva: di conseguenza saranno colpite anche le garanzie a tutela del cittadino indagato o arrestato». 

 

In questo  modo si cancella il ruolo di garanzia che la libera stampa riveste a tutela di tutti i cittadini, anche di quelli privati della libertà.

L’Italia è oggi posizionata al 41° posto in tema di libertà d’informazione, appena dietro al Montenegro, all’Argentina e alla Macedonia del Nord, così emerge dalla classifica stilata dal World press Freedom di Reporter sans frontier.

 

La rete di giornalisti e di cittadini si rivolge dunque ai direttori delle testate giornalistiche e a tutti gli operatori dell’informazione e chiede di «dare vita a una Campagna contro tutti i bavagli e di unirsi in una battaglia di civiltà e democrazia che deve creare un’alleanza tra mondo dell’informazione e cittadinanza attiva. Uno Stato davvero democratico dovrebbe favorire la verifica delle informazioni e non ostacolarla. Senza libertà non può esistere una informazione corretta e di qualità e senza informazione la libertà muore».