Gestione delle acque, quale futuro?
Una serata organizzata dalle chiese valdese e cattolica per informare sulla futura gestione del bene pubblico nel Pinerolese
La serata organizzata da chiesa valdese e diocesi nel tempio di Pinerolo (To) venerdì scorso 24 gennaio sulla futura gestione del ciclo integrato delle acque è stata un successo. Banchi gremiti, segno che il tema era di assoluta attualità; di livello gli interventi che hanno contribuito a delineare in modo chiaro il percorso futuro in questa parte dell’ex Provincia di Torino. Alla fine, i cittadini possono essersi sentiti rassicurati; i sindaci che nel recente passato avevano espresso dubbi sulla soluzione proposta, pur presenti, hanno taciuto: convinti della bontà della scelta?
Ma riavvolgiamo il nastro al punto di partenza.
Dopo anni di gestioni molto parcellizzate e spesso inefficienti il Parlamento arrivò, il 5 gennaio 1994, ad approvare una legge “quadro” sul tema delle acque; la cosiddetta legge Galli definiva i criteri di gestione ma anche di tutela di una risorsa che già 30 anni fa si dimostrava sempre più preziosa. Due concetti fondamentali erano stabiliti fin dai primi articoli: «le acque sono pubbliche e vanno gestite con criteri di solidarietà».
Le regioni ricevevano da quella legge un compito: deliberare a loro volta tenendo conto delle specifiche realtà; il Piemonte lo fece esattamente 3 anni dopo, nel gennaio ’97 con la LR 13. Vi venivano sottolineati vari punti, fra cui l’individuazione di ambiti ottimali per la gestione (nel nostro caso si andò alla definizione dell’Autorità d’ambito 3 (Ato), quasi coincidente con la Provincia di Torino, ma anche al significativo ritorno ai territori montani, da cui partono corsi d’acqua e spesso sorgenti, di somme da utilizzare per la manutenzione ordinaria dei versanti.
Nell’Ato sono rappresentati tutti gli enti interessati, in modo che nessuna “categoria” (Comuni di pianura, di montagna, città e provincia di Torino) abbia da sola la maggioranza di quote potendo dunque imporre le scelte agli altri. L’Ato, nato nei primissimi anni 2000, aveva tra i suoi compiti quello di individuare un “gestore unico” delle acque. La maggior parte dei Comuni affidò la gestione alla società pubblica torinese Smat; per il Pinerolese si pose fin dall’inizio la necessità di considerare e valorizzare l’esperienza di Acea e il compromesso, su spinta dei rappresentanti delle tre comunità montane pinerolesi, fu un atto di affidamento in deroga per 20 anni all’Acea, in collaborazione con Smat. Finendo l’anno scorso questa sorta di salvaguardia, si è posta la necessità di definire il futuro; la decisione di individuare una nuova società con dentro sia Smat sia Acea, deliberata dai Comuni è stata bocciata dalla Corte dei Conti.
Le due società, con l’Ato stessa e la Regione, hanno valutato altre ipotesi (hanno detto il presidente di Smat Paolo Romano e l’Ad di Acea Francesco Carcioffo) ma alla fine la via più lineare ed efficace è parsa la cessione del ramo di azienda di Acea che si occupa di acquedotti e fognature . Non c’erano alternative? L’ingegner Romano ha sottolineato che solo con un gestore unico si potrà avere accesso a importanti finanziamenti che, con una quota rilevante dei proventi delle bollette, consentiranno di investire seriamente sulle reti. «Senza raggiugnere i livelli di altre parti d’Italia nelle nostre zone abbiamo perdite sul 24-28% dell’acqua – ha segnalato -; entro il 2033 prevediamo investimenti di 125 milioni, cioè 100 euro per abitante (contro il 50% del livello nazionale)».
«Abbiamo discusso a lungo e a volte anche duramente, ma sempre in modo serio – ha commentato l’ingegner Carcioffo -: l’accordo trovato tutela la nostra esperienza: i posti di lavoro sono salvaguardati e chi lavora nel Pinerolese continuerà a farlo».
La stessa Smat ha riconosciuto come la professionalità del personale Acea rappresenti una risorsa preziosa per la nuova gestione e sia destinata a restare sul territorio del quadrante pinerolese. Il fatto che l’acqua resti un bene pubblico da gestire in solidarietà ha avuto conferme fino a pochi anni fa inaspettate: un tempo l’acqua scendeva semplicemente dai monti, negli ultimi anni in varie occasioni si è dovuto portare l’acqua potabile con le autobotti dalla pianura nei paesini di montagna. Il castello costruito dovrà funzionare; non è possibile usare il condizionale. Tutte le parti dovranno rispettare i patti.