Aiutare i genitori per aiutare i figli

 

«Che cosa possiamo fare?»: un nuovo servizio di counseling della Diaconia valdese per sciogliere i nodi che intrappolano alcune dinamiche familiari

A un ragazzo in difficoltà corrisponde una famiglia in difficoltà: da questa considerazione è nato un nuovo servizio della Diaconia valdese, «“Cosa possiamo fare?” – Percorsi di Counseling di sostegno alla genitorialità». Ne parliamo con Gianluca Palmieri, coordinatore di «PerForma», servizio che dal 2021 gestisce l’attività di counseling di Diaconia, riprendendo un discorso affrontato con lui nel maggio 2022, in occasione del convegno «Genitorialità oggi: rarefazione, cambiamenti e opportunità». Un incontro organizzato dalla Diaconia valdese fiorentina (Dvf), in collaborazione con il Servizio sanitario della Toscana, rivolto a professionisti del settore sociale, sanitario, educativo, a cui avevano partecipato anche studenti universitari, giudici del Tribunale per i minorenni, docenti scolastici, semplici cittadini, a dimostrare il forte interesse per il tema. Proprio da quel convegno (seguito da un secondo, lo scorso 27 giugno) era nata l’idea di un servizio di counseling per i genitori, sviluppando il progetto di counseling con i ragazzi, tuttora attivo.

 

I due servizi sono separati, spiega Palmieri: «l’operatore che ha la presa in carico dei ragazzi non è il medesimo, per non creare setting inappropriati. Il nome del servizio nasce proprio dalla domanda che ci si fa come genitori ma anche come operatori, l’obiettivo comune è di creare una genitorialità “sufficientemente buona”, diciamo! Cerchiamo di sostenerli nelle difficoltà attraverso il rafforzamento delle risorse presenti nei nuclei familiari, cercando di individuare i fattori protettivi presenti. Caso per caso, occorre capire fin dove spingersi, in alcuni casi non si possono alterare equilibri familiari magari deleteri, ma funzionali, ogni percorso va costruito con la persona, con obiettivi adeguati al contesto. Noi cerchiamo di dare loro degli strumenti, ma anche di favorire una costruzione autonoma, evitando di creare una dipendenza».

 

Palmieri, che si è occupato per 17 anni delle comunità educative dell’Istituto Gould di Firenze, delinea una situazione critica: «Dal mio punto di osservazione, ho notato negli ultimi anni un raddoppio di richieste di accesso ai servizi. Una buona parte dei soggetti che poi vengono coinvolti nei nostri servizi afferisce quindi all’ambulatorio per gli scompensi adolescenziali e presenta caratteristiche di grave psicopatologia (selfcutting, ansia da prestazione, dirompenza comportamentale, dipendenze di vario tipo, tentativi di suicidio) e i numeri continuano a crescere. Questo è probabilmente anche un effetto a lungo termine della pandemia di Covid-19. Il confinamento dettato da quella situazione ha reso ragazzi e ragazze molto più vulnerabili di fronte alle loro debolezze; alcuni non hanno sofferto in modo particolare l’isolamento, perché vivevano già esperienze sociali limitate; al termine dello stato di emergenza, però, c’è stato un aggravamento del problema inerente al ritiro sociale».

 

L’altro aspetto, anch’esso sempre più evidente, «è che molte problematiche espresse da ragazzi e ragazze sono correlate con difficoltà nelle relazioni familiari, di fronte alle quali sviluppano meccanismi, molto spesso inconsci, di compensazione: attraverso comportamenti apparentemente disgiunti dalle problematiche familiari, manifestano una forte sofferenza in particolare per la mancanza di una genitorialità autorevole, accogliente, di una cornice che li contenga. Da qui la constatazione che qualunque progetto o intervento per i figli non può prescindere da un percorso di sostegno per i genitori, pena l’inefficacia della presa in carico o, peggio ancora, l’alterazione degli equilibri familiari».

 

Dal 2017 al 2022, il servizio di counseling della Diaconia ha seguito 121 minori, per un totale di circa 1750 sedute; attualmente ha 35 prese in carico: un osservatorio significativo, su cui è stato fatto uno studio, che ha rivelato gli effetti deleteri della mancanza di una cornice normativa: «I ragazzi chiedono esplicitamente un confine all’interno del quale sperimentarsi; la mancanza di riferimenti autorevoli è un vulnus molto importante, abbiamo genitori che vivono come “eterni Peter Pan”, senza regole, senza orientarsi verso un futuro, scivolando spesso verso un bieco relativismo etico e materiale. Parlando con questi ragazzi emerge una pericolosa inversione di ruoli, un rischio di adultizzazione, funzionale nel “qui e ora” ma dagli effetti imprevedibili. Chiedono semplicemente dei genitori con sufficiente consapevolezza di sé, non chiedono loro di essere onnipotenti, ma autorevoli».

 

I ragazzi, inoltre, osserva Palmieri, «chiedono una cornice non necessariamente al padre o alla madre, infatti si parla di “genitorialità elettiva”, perché non è detto che riescano a trovare risposta a tutti i loro bisogni all’interno del sistema familiare. In base ai loro bisogni, alle caratteristiche della persona che hanno davanti, chiedono (e danno) cose diverse». E vanno anche oltre «certi orientamenti preconcetti e stereotipi di genere (peraltro uno degli obiettivi su cui il convegno del 2022 si proponeva di lavorare, ndr): in questo sono molto più bravi degli adulti, perché esercitano questa capacità, senza tanti discorsi (che spesso sono più di facciata che di sostanza): ritengono che l’autorevolezza di una guida non debba necessariamente caratterizzarsi in termini di genere, ma in senso più ampio, di caratteristiche personali e relazionali».

 

E poi ci sono i casi di violenze terribili compiute da giovanissimi su loro coetanei e coetanee, che richiamano le nostre responsabilità come “adulti educanti”: che cosa possiamo dire (e fare) in merito? «Credo molto negli interventi preventivi, ma non come li intendiamo ora, in cui si lavora sull’emergenza. Se non c’è anche una promozione di crescita personale, evoluzione del soggetto, conoscenza di sé, non si arriva a niente. Ci vuole uno sguardo più a lungo termine, che si proietti al futuro. Gli adulti hanno delle responsabilità e devono esercitarle, altrimenti diventa tutto troppo relativo, si crea una forma di “libertà” pericolosa. Parlo a partire da ciò che vedo quotidianamente in decine e decine di ragazzini e di genitori… Ma vedo a livello generalizzato, dalla politica in avanti, una grossa difficoltà ad assumersi responsabilità…