Verso un’ Irlanda unita?

Per la prima volta il Nord Irlanda sarà guidato dal partito cattolico che guarda all’unione con Dublino. Ma un referendum non avrebbe certamente un esito scontato, anzi i sondaggi dicono altro

 

In Irlanda del Nord è stata davvero fatta la storia. Michelle O’Neill del partito cattolico Sinn Féin è diventata infatti premier della nazione nord irlandese, la prima cattolica battezzata a guidare uno Stato in cui la discriminazione anticattolica è stata a lungo la norma, e la prima repubblicana irlandese a guidare una nazione che lei e il suo partito desiderano incorporare in un’Irlanda unita.

 

La riunificazione irlandese è improbabile nel breve termine, ma dopo anni di governo diretto da parte di Londra, la ripresa della condivisione del potere nel Nord è stata ampiamente accolta con favore. L’opposizione unionista al fatto che il Nord venga trattato diversamente dalla Gran Bretagna quando si tratta di accordi commerciali con l’Unione Europea continua, ma una massa critica di unionisti dell’Ulster ha accettato la realtà che le cose non cambieranno sostanzialmente.

 

La biografia di O’Neill è radicata nel conflitto nordirlandese, quei Troubles, i «disordini», che tra la fine degli anni Sessanta e gli accordi di pace del 1998 lasciarono sul terreno oltre 3 mila morti: suo padre era un militante dell’Ira che finì pure in prigione e lei è cresciuta all’ombra della guerra civile. Ma nel suo primo discorso, la O’Neill si è detta «dispiaciuta per tutte le vite perdute durante il conflitto: senza eccezione», e ha aggiunto che «se il passato non può essere cambiato, quello che possiamo fare è costruire un futuro migliore». Un messaggio di riconciliazione diretto agli unionisti protestanti, che vedono minacciata la loro identità.

 

L’insediamento di Michelle alla guida del governo di Belfast è stata ritardata di due anni proprio a causa del boicottaggio delle istituzioni nordirlandesi da parte del maggior partito unionista, ufficialmente insoddisfatto dagli accordi post-Brexit ma in realtà sotto choc alla prospettiva di dover entrare in un governo a guida cattolica.

In base agli accordi del Venerdì Santo del 1998, il potere in Irlanda del Nord è condiviso fra protestanti e cattolici, ma finora la guida del governo era sempre toccata agli unionisti fedeli alla Gran Bretagna: per gli scorsi due anni però questi ultimi avevano tenuto in ostaggio le istituzioni nord-irlandesi, gridando al tradimento da parte di Londra.

 

Dopo gli accordi sulla Brexit fra Unione europea e Gran Bretagna, l’Irlanda del Nord era stata di fatto mantenuta nel mercato unico europeo, per evitare il ritorno a un confine fisico con la Repubblica di Dublino: ma per i protestanti questo significava vedersi separati dalla «madrepatria» britannica e condannati a un inesorabile scivolamento verso la riunificazione con l’Irlanda cattolica.

 

Un anno fa il primo ministro di Londra Rishi Sunak aveva raggiunto una intesa con Bruxelles per venire incontro alle preoccupazioni degli unionisti (e della destra dei conservatori): ulteriori ritocchi negli ultimi giorni hanno consentito di mettere fine al boicottaggio da parte degli unionisti.

L’insediamento di Michelle O’Neill apre una prospettiva nuova, anche perché a Dublino la previsione è che il Sinn Féin, guidato lì da un’altra donna, Mary Lou MacDonald, prenda il potere pure nella Repubblica d’Irlanda: a quel punto le due parti dell’isola si troverebbero a essere guidate dallo stesso partito la cui ragion d’essere è la riunificazione. E la spinta potrebbe diventare inarrestabile.

 

COme racconta il portale di Agenzianova «Un recente sondaggio d’opinione del quotidiano “The Irish News” ha rilevato che nella Repubblica d’Irlanda, quasi due terzi (64 per cento) ha dichiarato che voterebbe per l’unificazione, rispetto al 16 per cento che ha affermato che voterebbe per la permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito. Tuttavia, i numeri cambiano quando si fa riferimento agli elettori dell’Irlanda del Nord: solo il 30 per cento voterebbe a favore dell’unificazione in un referendum contro il 51 per cento che voterebbe contro, mentre la percentuale rimanente è composta da indecisi o inclini all’astensione».

 

La neo-premier ha contestato la posizione del governo britannico secondo cui l’unificazione di Belfast con la Repubblica di Irlanda – con il conseguente ritorno nell’Ue – è lontana decenni. «Credo invece che siamo nel decennio delle opportunità» ha dichiarato.

La Scozia, altra nazione che ha già tentato giusto 10 anni di staccarsi da Londra, sta alla finestra e guarda al 2024 come l’ennesimo anno di possibile svolta per i sogni indipendentisti, da compiersi attraverso un nuovo referendum che secondo i sondaggi potrebbe questa volta concludersi in maniera differente.

 

Il Gruppo dei leader delle Chiese in Irlanda ha accolto con favore l’atteso ripristino del governo decentrato in Irlanda del Nord e ha riconosciuto le sfide nel raggiungere le armonizzazioni necessarie affinché ciò possa avvenire.

In una dichiarazione congiunta, i leader della Chiesa d’Irlanda anglicana, della Chiesa Cattolica Romana, delle Chiese Presbiteriana e Metodista in Irlanda e del Consiglio Irlandese delle Chiese hanno affermato: «Come leader della Chiesa abbiamo costantemente chiesto al governo del Regno Unito di adottare tutte le misure necessarie per facilitare il ripristino del governo nell’Irlanda del Nord e il ritorno di istituzioni decentralizzate, pienamente funzionanti e dotate di risorse».

 

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