
Quando Dio parla
Un giorno una parola – commento a Giobbe 38, 4; 11
Il Signore rispose a Giobbe: «Dov’eri tu quando io fondavo la terra e dissi al mare: “Fin qui tu verrai, e non oltre; qui si fermerà l’orgoglio dei tuoi flutti?”»
Giobbe 38, 4; 11
Gesù alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia. E quegli uomini si meravigliarono e dicevano: «Che uomo è mai questo che anche i venti e il mare gli ubbidiscono?»
Matteo 8, 26-27
Dio risponde. Non si mantiene silenzioso nel suo rapporto col suo servitore. Giobbe, torturato dalla malattia e incalzato dalle domande degli amici, aveva finito per ribellarsi contro tutto e tutti. Più volte si era appellato al Giudice Supremo, invocando non pietà, ma giustizia: «Sono disposto ad accettare la critica, diceva, ma il mio accusatore si faccia avanti e mi condanni apertamente».
Fino a quel momento, Dio aveva taciuto ed ora, solo ora, finalmente risponde. Giobbe ha ottenuto ciò che voleva: voleva che Dio si manifestasse e così è stato.
Quando Dio parla, è per dire qualcosa. Anzi, la sua Parola crea un’esistenza nuova. È ciò che accade anche a Giobbe. La risposta di Dio può apparire strana, astratta; ma per Giobbe è il momento della fede. A questo punto quasi non sono importanti le parole di Dio, quanto piuttosto il fatto che Egli non abbia lasciato il suo servitore solo nella disperazione. La preghiera ha avuto la sua risposta. Non una risposta qualunque, ma la sua.
Che cosa dice Dio? Ad una fede tutta centrata sull’uomo, il Signore risponde mostrando la grandezza e la varietà del creato. Giobbe diceva che Dio doveva guardare alla sua giustizia e gli amici ribattevano che Egli insegue il peccatore per colpirlo. L’Onnipotente risponde mostrando il creato, teatro del suo amore: quante cose in esso appaiono prive di senso, eppure ad esse Dio ha dato la vita con lo stesso amore con cui l’ha data a noi.
Sono parole di profonda tenerezza. Dio non ha solo creato il mare, ma lo ha fasciato con la nebbia come si fascia un neonato e lo ha vestito con le nuvole. Dio non è solo il creatore, ma è anche colui che si prende cura della sua creatura, che la accudisce, la segue. Lo stesso discorso deve valere per l’essere umano, a cui è rivolto l’ordine di rendersi soggetta la terra. Questa parola chiama l’uomo ad essere il custode di ciò che gli è affidato – con la stessa cura e la stessa tenerezza che ha mostrato il creatore. Questo atteggiamento definisce sia il senso della creazione che il ruolo dell’essere umano e infine il senso del suo lavoro. Amen.
Immagine: William Blake, Giobbe, la moglie e gli amici, Compianto, 1785 ca