Rio de la Plata: pensando al domani

Una riflessione dal Sinodo della Chiesa valdese sud americana sul futuro delle chiese valdesi in Uruguay e Argentina

Per una di quelle associazioni che il cervello fa senza chiederci il permesso, e che ci giungono di sorpresa, mi è venuto in mente il titolo di un’opera di Umberto Eco: L’isola del giorno prima. È la sensazione di vivere un tempo che rimanda a un altro. Sono già 850 anni del movimento valdese e il cammino prosegue, la sfida è percorrerlo, il movimento siamo noi.

A ragione Emanuele de Bettini, su Riforma del 7 febbraio, collega la domanda della Commissione d’esame nel suo rapporto all’assemblea sinodale («come affrontare questo tempo dell’anno prossimo?») con il motto che la Mesa Valdense aveva pensato per rispondere all’occasione: «Con lo sguardo fisso in Gesù, camminiamo con perseveranza». È una domanda nuova ogni anno e anche la risposta, «antica e senza invecchiamento», come dice un nostro inno, potrebbe essere quella di sempre. L’immensa sfida è la materializzazione della metafora.

 

Le assemblee sinodali hanno qualcosa di liturgico, che nella ripetizione mette in evidenza la novità. Parlare di diaconia oggi ci porta agli stessi contenuti di cinquant’anni fa, o 40, o 10 o addirittura cinque. Questo Sinodo ha prodotto pochi atti risolutivi, e questo non per mancanza di riflessione, anche se i lavori sono durati un giorno di meno, il che ha comportato una procedura più rapida. Trovo una spiegazione nel fatto che il Sinodo ha incoraggiato a proseguire i processi in corso. Così è stato, per esempio, nel campo della diaconia: il tema era stato abbozzato nelle assemblee precedenti e nel lavoro di quest’anno delle rispettive commissioni, con la ricerca di una nuova forma giuridica per le opere di servizio che dia loro più autonomia di gestione, senza perdere il forte vincolo con la chiesa e la sua testimonianza di fede, e che tolga un importante peso all’amministrazione centrale, cercando altre vie di finanziamento che oggi sono possibili. In questo senso si sta lavorando alla creazione di una fondazione che comprenda tutta l’area della diaconia. La relativa commissione ha lavorato quest’anno con i centri e con la consulenza giuridica necessaria, e l’assemblea sinodale ha dato il suo appoggio a proseguire in questa direzione.

 

La diminuzione costante del Corpo pastorale attivo continua ad essere una grande preoccupazione per la chiesa, che non è rimasta immobile davanti a questa situazione. Un po’ per necessità, e un po’ perché la chiesa stessa ha saputo suscitare vocazioni che erano rimaste nascoste, sono emerse persone che hanno assunto compiti pastorali nelle comunità. Come qualcuno ha detto: abbiamo dovuto smettere di essere supplenti e metterci il cappello di titolari. Uno dei temi discussi è stato precisamente la considerazione di questi ministeri: come definirli? Sono ministeri particolari? Come vanno riconosciuti a livello comunitario, di quale formazione permanente hanno bisogno? Gli atti 8 e 10 riflettono in parte questo dibattito e segnano un cammino che proseguirà nelle chiese, nei presbiteri, nella Mesa Valdense e nella commissione sinodale per i ministeri.

 

Le finanze della chiesa sono state un tema centrale dell’assemblea sinodale. La Commissione d’esame ha chiesto a ciascuna delle aree di lavoro di fermarsi sulla proposta di bilancio per l’esercizio in corso. Durante l’anno la Commissione sinodale per il bilancio nominata nell’Assemblea 2024 ha lavorato intensamente, presentando insieme alla Commissione consultiva per le finanze un rapporto molto chiaro, in forma didattica e comprensibile, che non ha lasciato alcun dubbio sulla necessità che le chiese assumano la loro quota parte del bilancio sinodale. Nell’affrontare questo tema si è percepito con chiarezza uno spirito di corpo e una solidarietà tra le chiese. Non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo, ma siamo umani e molte volte, dobbiamo confessarlo, il nostro regno appare fin troppo di questo mondo.

Durante tutta l’Assemblea siamo stati accompagnati dal dr. Daniel Beros, direttore generale della Rete ecumenica di educazione teologica (Reet), che ha tenuto una serata su «Fede e incidenza pubblica», in dialogo con due membri laici delle nostre chiese, Alba Negrin di Montevideo e Mariano Chialva di Paranà. L’offerta accademica della Reet è interessante e in crescita. Per le nostre chiese la sfida è motivare persone che si sentano vocate, e che appofittino di questa opportunità.

 

La nostra Assemblea sinodale si è svolta proprio durante il cambio della guarda alla presidenza degli Stati Uniti. Tutti abbiamo ascoltato il sermone della vescova episcopaliana Mariann Budde, che ci ha commossi, mentre le notizie sui migranti latinoamericani ci hanno turbati. Negli stessi giorni il presidente argentino ha tenuto a Davos un discorso di una gravità inaudita. Questi fatti non sono passati inosservati, se n’è parlato nelle conversazioni interpersonali ma non c’è stato un atto che riflettesse il nostro punto di vista. C’è da chiedersi perché: è certo che negli ultimi anni gli atti sinodali sono stati rivolti prevalentemente al nostro interno.

 

Comunicazione, giovani, adolescenti sono stati altri temi che hanno occupato buona parte dell’Assemblea. Una nota di grande gioia è stato il riconoscimento di Maldonado, nel Presbiterio dell’Uruguay orientale, come chiesa in formazione. Da più di dieci anni si sta sviluppando qui la vita comunitaria, in un contesto di crescita di popolazione trasferita da altre zone; la chiesa non ha una sua sede, e gli incontri si tengono in un edificio privato nella famosa località balneare di Punta del Este, fatto che non ha mancato di suscitare commenti umoristici.