Accompagnatori ecumenici in Palestina: rispetto, equità, dignità

Il Programma del Consiglio ecumenico delle Chiese nasce per offrire protezione tramite una presenza non violenta e al contempo monitorare le violazioni dei diritti umani, senza dimenticare di supportare le attività degli attivisti per la pace fra israeliani e palestinesi

 

Mentre l’ultimo gruppo di accompagnatori ecumenici del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) ha lasciato la Palestina e Israele, salutando un nuovo gruppo che prenderà il testimone, una cerimonia di passaggio di consegne ha portato sentite preghiere per una pace giusta nella regione.

 

Il Programma di accompagnamento ecumenico del Cec in Palestina e Israele, giunto al suo 22° anno. Ha portato oltre 2.000 volontari da più di 60 nazioni che hanno sostenuto, pregato e solidarizzato con le persone vulnerabili nella regione.

«Si tratta di team di volontari provenienti da tutto il mondo che per tre mesi rimangono nei territori in qualità di osservatori e accompagnatori nel quotidiano di cittadini, adulti e bambini, alle prese con continui soprusi».

 

Il progetto nasce nel 2002 in risposta alle richieste dei leader delle chiese cristiane di Gerusalemme di offrire protezione tramite una presenza non violenta e al contempo monitorare le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, senza dimenticare di supportare le attività degli attivisti per la pace fra israeliani e palestinesi.

 

«Accompagniamo scolaresche nel loro percorso verso le scuole, perché spesso per giungervi devono attraversare check-point o posti di blocco, e facciamo in modo di evitare tensioni, ma a volte lo sconforto sembra prevalere» ci aveva raccontato due anni fa Simone Scotta, che per il Cec era fra i coordinatori del progetto. «Accompagniamo pastori e agricoltori che hanno visto i loro terreni spezzettati, divisi a causa dei sempre più massicci e invasivi insediamenti dei coloni, per lo più ultraortodossi, e dei muri costruiti un po’ ovunque. Alcuni proprietari impiegano ore a giungere nei loro campi a causa degli ostacoli da superare, altri hanno permessi limitatissimi nel corso dell’anno per accedervi. Vengono sottratte terre, risorse fondamentali come l’acqua, per isolare sempre più i palestinesi, costringerli ad andarsene».

 

La cerimonia del passaggio di testimone fra i due gruppi, tenutasi presso la chiesa di Sant’Anna a Gerusalemme, è stata accompagnata da preghiere per una pace giusta, per la fine dell’occupazione che dura da decenni e per la solidarietà per coesistere nel rispetto, nell’equità e nella dignità in Israele e Palestina.

«Soprattutto durante questi tempi difficili, è fondamentale prendersi un minuto per pregare ed esprimere gratitudine a coloro che hanno servito come accompagnatori ecumenici negli ultimi tre mesi», ha affermato Iskander Majlaton, coordinatore del programma.

 

Il gruppo in partenza, che ha documentato più di 350 incidenti e violazioni dei diritti umani, è stato il primo ad arrivare dopo l’evacuazione degli accompagnatori ecumenici avvenuta il 7 ottobre.

«L’efficacia del gruppo è attribuita a una serie di fattori, incluso il forte desiderio di sostenere e difendere le persone più deboli e svantaggiate, dimostrando al tempo stesso lavoro di squadra, maturità e tolleranza», ha affermato Majlaton, che ha anche rivolto un caloroso benvenuto al nuovo gruppo. gruppo.

 

Soltanto nei primi giorni i nuovi accompagnatori ecumenici hanno documentato 38 incidenti.

«Essere accompagnatore comporta molte responsabilità; bisogna decidere di vivere insieme e avere il coraggio, la tolleranza e la volontà di vigilare sulle violazioni dei diritti umani, accompagnare i bambini a scuola, vivere con gli agricoltori affinché possano raccogliere i loro raccolti e talvolta trasportare i pazienti anziani all’ospedale», ha detto Majlaton.

 

Il gruppo in partenza ha pregato per i nuovi accompagnatori: «Possiate camminare con gentilezza, speranza, pazienza e amore affinché siate benedetti e siate una benedizione per tutti», hanno pregato.

E il nuovo gruppo ha pregato per il gruppo in partenza, sottolineando che l’essere accompagnatore non finisce quando si torna a casa. «Ora portate con voi la gratitudine delle persone, gli incontri e le esperienze che avete avuto, e l’amore di Dio, e raccontate le vostre storie con coraggio!».

 

I sei accompagnatori ecumenici in partenza – lavorando in condizioni difficili e fra molte restrizioni a causa della guerra – hanno effettuato almeno 336 visite sul campo in meno di tre mesi, documentando 161 episodi di violazioni dei diritti umani. Hanno anche ricevuto feedback positivi ed elogi dalla comunità di Gerusalemme.

 

Un membro della comunità, al Checkpoint 300 tra Gerusalemme e Betlemme, ha detto, il 29 marzo, mentre gli accompagnatori ecumenici monitoravano l’accesso ai luoghi del Ramadan: «State facendo un buon lavoro qui; le cose funzionano sempre meglio e i soldati di solito si comportano meglio quando voi siete qui».

Alla cerimonia hanno partecipato i membri del Programma di accompagnamento ecumenico del C in ecPalestina e del Gruppo di riferimento internazionale di Israele. Il programma si espanderà da una a tre comunità, estendendosi al di fuori di Gerusalemme.

 

 

Foto: Cec