Il Sud Africa denuncia Israele per genocidio in relazione alla guerra a Gaza

Altre nazioni potrebbero condividere questa azione. La Corte Internazionale di Giustizia esaminerà l’istanza questa settimana. La posizione degli evangelici sud africani

 

Il Sudafrica ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele, dopo che l’Assemblea nazionale ha approvato una proposta in tal senso, e ha denunciato lo Stato israeliano davanti alla Corte internazionale di giustizia, accusandolo di aver commesso un “genocidio” a Gaza.

Secondo il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione del Sud Africa, alla corte viene chiesto di «dichiarare urgentemente che Israele viola i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio» e che «deve cessare immediatamente ogni atto e provvedimento che violano tali obblighi».

 

L’esecutivo sudafricano ha chiarito che «condanna ogni violenza e attacco contro tutti i civili, compresi quelli patiti dalla popolazione israeliana», in riferimento alla prima aggressione perpetrata da Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre e che ha innescato una nuova escalation di tensione nel conflitto. Tuttavia, il segretario generale dell’Alleanza evangelica del Sud Africa (Teasa), Moss Ntlha, ha spiegato al portale Protestante Digital che «il governo sudafricano ritiene che la guerra di Israele contro Gaza non abbia nulla a che fare con gli eventi del 7 ottobre».

Uno dei fattori che aiutano a spiegare il motivo di questa reazione dell’esecutivo sudafricano è il ricordo della sua storia più recente, prima dell’indipendenza del Paese, spiega Ntlha. «La popolazione di Gaza viene punita collettivamente e viene privata di acqua, cibo e forniture mediche. Scuole, ospedali e chiese vengono bombardati impunemente, contrariamente al diritto internazionale. I giornalisti e il personale delle Nazioni Unite non vengono risparmiati. Inoltre, il Sudafrica ha condotto una lunga lotta contro l’apartheid e ritiene che Israele pratichi nei confronti dei palestinesi politiche simili all’apartheid praticata in Sud Africa. Anche molto peggio. Tutto questo senza alcun senso di rispetto per il diritto internazionale», considera il segretario generale dell’Alleanza evangelica sudafricana.

 

Altro elemento da considerare è lo stretto rapporto storico che l’African National Congress, il partito di Nelson Mandela, che governa il Paese dalla formazione dell’attuale assetto repubblicano, nel 1994, ha intrattenuto con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e con la figura di Yasser Arafat. Ad esempio, nel 1990 Mandela affermò che si identificavano con loro perché «lottano per il loro diritto all’autodeterminazione».

 

Oltre alla rottura delle relazioni diplomatiche, l’Assemblea nazionale ha approvato anche la chiusura dell’ambasciata israeliana sul suo territorio e l’espulsione dell’ambasciatore del Paese. D’altro canto, alcuni analisti seguono con sorpresa lo sviluppo degli eventi e ricordano che il Sudafrica non ha posto il veto a Valdimir Putin nell’ultimo incontro dei Brics, nell’agosto 2023, al quale il presidente russo ha partecipato in videoconferenza nonostante avesse un mandato di cattura da parte del Tribunale internazionale  penale contro di lui. Oppure sottolineano anche che le autorità sudafricane non hanno arrestato il dittatore sudanese Omar al-Bashir quando nel 2015 si recò nel Paese per una riunione dell’Unione africana con una richiesta di arresto per crimini contro l’umanità emessa dallo stesso ITribunale internazionale  nel 2009.

 

Tuttavia, l’esecutivo sudafricano spera di ricevere il sostegno di un gran numero di paesi. La Malesia, ad esempio, lo ha già dichiarato pubblicamente. «La comunità internazionale ha votato a favore del cessate il fuoco all’ONU qualche settimana fa e tutti hanno votato a favore tranne gli Stati Uniti. Ne consegue che, a parte gli Stati Uniti, esiste un consenso internazionale a favore del popolo palestinese», considera Ntlha.

«Inoltre, la maggior parte dei paesi del mondo crede nello stato di diritto e che le parti lese dovrebbero essere libere di rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia per ottenere un risarcimento. Pertanto, possiamo solo sperare che la comunità internazionale sostenga l’iniziativa del Sudafrica di cercare un risarcimento pacifico significa ottenere giustizia in Palestina», aggiunge.

 

La Corte Internazionale di Giustizia, nota anche con il nome di Tribunale internazionale dell’Aia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite ha comunicato che nei giorni 11 e 12 gennaio sarà discussa in udienze pubbliche la richiesta avanzata dal Sudafrica di misure provvisorie nei confronti di Israele.

 

Il Sudafrica fa riferimento alla Convenzione del 9 dicembre 1948, come racconta il sito Pressenza.com per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, di cui questi sono i primi due articoli:

Articolo I

Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire e a punire.

Articolo II

Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

  1. a) uccisione di membri del gruppo;
  2. b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
  3. c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
  4. d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
  5. e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro”.

 

 

Foto: Farsi Media Corporation, Wikimedia Commons.