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8 marzo: #freenadima

Nadima è un’amica. É scomparsa da 25 giorni. É una nota commediante afghana. Ha deciso di rimanere in Afghanistan perché non voleva abbandonare le donne afghane, anche se possiede il passaporto canadese. 

So che tutti sono presi dall’Ucraina. 

Ma far parlare di questa donna, colpevole di avere un pensiero, è un nostro dovere. Le persone internazionalmente conosciute sono più protette. Oggi è l’8 marzo, e se ha un significato, questo è #freenadima.

Quando la incontrai la prima volta era il giugno scorso a un pranzo tra amici, poco fuori Kabul; pensai che fosse una delle donne più affascinanti ed eleganti che avessi mai visto. Il sorriso le faceva il giro del volto e catturava chiunque le fosse intorno. Con lei riuscivi a essere seria cinque minuti e poi eri contagiata dalla sua fragorosa risata. Gettava la testa indietro ridendo, piegando il turbante colorato che indossava. Non portava il velo come tutte le donne afghane, ma già nel suo modo di vestire poteva affiorare una discrepanza, quella con il mondo talebano, che sarebbe arrivato. 

Nadima parlava di amore e lo trasmetteva come se fossimo in una spa, e non nel paese che di lì a poco sarebbe precipitato in uno dei periodi più bui della sua Storia.

Nadima è una commediante afghana tra le più note, 38 anni, cresciuta in Canada da quando i suoi avevano lasciato l’Afghanistann negli anni ’90, e i talebani erano al potere.

Nadima, conosciuta da tutti come Patingara Kakai, è scomparsa da 25 giorni.

Guardo il mio cellulare e vedo che il suo ultimo accesso su whatsapp è stato il 13 febbraio alle 14.38. 

Da quel momento in poi di lei non se ne sa più niente. Una fonte di Radio Bullets, ci dice che è stata accusata di spionaggio, e varie altre cose. Lo spionaggio è la tipica accusa usata contro gli afghani con un passaporto straniero per incastrarli.

Un suo parente che ha dato l’allarme, ha detto che è stata presa dai talebani e che sarebbe detenuta da qualche parte. I talebani, come al solito, non hanno commentato ma Amnesty Internationalha detto a Tolo News: «Proseguono le sparizioni e le detenzioni di critici, giornalisti e attivisti.  Nadima è stata presa dai talebani e non ci sono informazioni su dove sia. Questo è un gruppo di dittatori e repressori che non dovranno mai essere riconosciuti e sostenuti», ha affermato Samira Hamidi di Amnesty International.

Nadima era tornata in Afghanistan dal Canada nel 2019 e lavorava per un’organizzazione che si occupava di bambini, giocava con loro, li faceva sorridere, e nel frattempo postava le sue storie e i suoi pensieri in internet, su Facebook (270mila followers), YoutubeTiktokIstagram (18.400 followers) e sulla sua piattaforma Teshadewaday i suoi video ironici che facevano sorridere migliaia di persone, soprattutto donne che la seguivano. 

Doveva stare tre mesi in Afghanistan, ma poi aveva scelto di restare, inchiodata da quella terra che chi ha conosciuto, sa quanto possa essere difficile lasciare.

A settembre ci siamo incontrate in albergo a Kabul, tutto era cambiato in Afghanistan, i talebani erano arrivati, la musica, i pranzi, i progetti e i sogni erano scomparsi e la maggior parte delle donne attive nella società civile o erano fuggite all’estero o erano chiuse a casa. 

Aveva un passaporto canadese e avrebbe potuto andarsene, invece è rimasta, «non posso andarmene, non posso tradire le persone che sono qua, scappare non è la soluzione, dobbiamo essere parte di quello che sta accadendo», mi confidò quella volta.

Pensava che in qualche modo bisognasse parlare con i talebani, che attraverso l’amore in cui lei crede, si potesse raggiungere un compromesso tra la gestione dello Stato e i diritti delle donne in cui credeva profondamente.

Invece ora Nadima è scomparsa. 

Nessuno può dire dove sia e se sia viva o morta. 

In un Afghanistan dove sin son spenti i riflettori, sorpassati dall’attuale nuova guerra, il mondo si dimentica delle persone che ogni giorno lottano, rischiano e che sono rimaste in luoghi insicuri per cercare di fare la differenza. Mentre i talebani vanno in giro a chiedere soldi, le voci delle donne continuano a essere spente nella totale indifferenza di chi non sa, o finge di non vedere.

Oggi è l’8 marzo, la Giornata internazionale delle donne.

Proviamo a far sì che il sorriso di Nadima e la sua contagiosa e scrosciante risata non si spengano. 

Facciamolo in ogni modo possibile: diffondendo la sua storia, facendo pressione sui nostri governi, sostenendo Amnesty International. Facciamo rumore. Mobilitando i social con questo hashtag: #freenadima

 

Tratto da https://www.radiobullets.com