Giudicare disprezza l’opera di Dio

Un giorno una parola – commento a I Samuele 2, 30

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Il Signore dice: “Io onoro quelli che mi onorano, e quelli che mi disprezzano saranno disprezzati”

I Samuele 2, 30

Disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?

Romani 2, 4

Il contesto del nostro brano riguarda l’azione di giudizio verso gli altri con arroganza e disprezzo. Gesù aveva chiesto ai discepoli di non utilizzare il giudizio nei rapporti personali: Non giudicate, affinché non siate giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi (Matteo 7, 1-2). Giudicare è opera del potente che considera ogni essere umano sempre sottoposto al giudizio e alla condanna. Quindi sentirsi superiori agli altri; porsi in alto al di sopra della vita normale dei molti; imporre con parole e azioni la propria volontà. 

Perciò il nostro testo ci avverte che il giudicare non solo ci coinvolge, ma disprezza l’opera di Dio: bontà, pazienza e costanza. La bontà è atto di amore per l’altro e l’altra; la pazienza è saper costruire ogni giorno atti di tale amore; la costanza è la forza di non arrendersi di fronte agli insuccessi e alle azioni di chi vuole solo giudicare gli altri. 

L’apostolo Paolo pone proprio la ricchezza della volontà di Dio al cuore dei nostri rapporti personali. Noi siamo ricchi dell’amore di Dio in Cristo e ricchi dell’opera del Signore che libera i nostri cuori da ogni potere di giudizio. Siamo ricchi solo nell’amore che manifesta riconoscenza dei doni ricevuti. Amen.