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Kek, il patriarca Bartolomeo: «In Europa le persone non si identificano più con le chiese nazionali»

A due giorni dalla chiusura della 16ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ieri è arrivato forse uno degli interventi più attesi.

A parlare stavolta è stato il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo.

Un intervento programmatico alla presenza delle Chiese a Tallin il cui scopo è quello di celebrare e affermare lo spirito ecumenico tra le diverse chiese, comunioni e confessioni.

Guardando indietro alla lunga storia delle relazioni ecumeniche in Europa e nel mondo. Ma, al tempo stesso, provando a guardare avanti alle immense sfide che attendono le Chiese sul continente e in tutto il mondo.

Bartolomeo ha richiamato l’attenzione dei partecipanti alla storia del movimento ecumenico. Nato dopo le devastazioni delle due guerre mondiali del secolo scorso, quel movimento prosperava in un’Europa molto diversa da quella contemporanea.

L’Europa odierna, infatti, è molto diversa da quella di appena 20 anni fa ed il panorama delle appartenenze religiose è cambiato.

«Come chiese cristiane – ha affermato – non possiamo più dare per scontata l’identificazione degli europei con le chiese nazionali o con una particolare forma di fede».

Il patriarca Bartolomeo ha insistito sul fatto che, oggi, la partecipazione ai servizi liturgici delle grandi cattedrali nelle grandi città può essere sufficiente. Tuttavia è la partecipazione nelle chiese suburbane delle città più piccole ha dimostrare grande debolezza e fragilità. In quei contesti la religiosità è percepita come una minoranza.

Riguardo allo scopo e l’obiettivo del movimento ecumenico in questo tipo di Europa, ha descritto la necessità di un “nuovo ecumenismo” in un contesto distruttivo dove la guerra ha evidenziato la fragilità del cammino fin qui compiuto. E la giustificazione della Chiesa Russa per questa guerra vista come la salvezza dell’Ucraina dalla presunta seduzione di un Occidente senza Dio, secolare e liberale.

D’altra parte, la retorica delle cosiddette “guerre culturali” ha compromesso gravemente qualsiasi potenziale di dialogo, danneggiando il nucleo stesso dell’ecumenismo.

«Come comunità cristiane – ha proseguito – dobbiamo innanzitutto adottare un senso di umiltà e accettare che anche noi siamo responsabili di questa riduzione dell’ecumenismo».

D’altra parte ha sottolineato il patriarca di Costantinopoli, il «nostro movimento ecumenico – dove le differenze sono riconosciute e rispettate, dove le voci distinte sono articolate e ascoltate – una domanda deve costantemente porsela: cosa intendiamo per Europa cristiana all’interno di un’Unione europea democratica?».

Guardano all’impegno del Consiglio Ecumenico delle Chiese, e al dialogo possibile anche dinanzi a differenze che pure non minano l’unità ecumenica, si è chiesto quale ruolo deve giocare l’Europa cristiana dinanzi a tutte le voci in campo, comprese quelle che esprimono disaccordo e incredulità.

Qui il discorso integrale in lingua italiana.

Foto di Albin Hillert