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I muri d’Irlanda

Erano una ventina negli anni settanta del secolo scorso, all’apice delle tensioni fra protestanti e cattolici in Irlanda del Nord, nelle città di Belfast e Derry; sono quasi cento oggi che quei tempi di odio e morte sembrano superati davanti ai nostri occhi distratti. Con ironia o ipocrisia le chiamano Peace Lines, linee di pace, ma si tratta di mura, steccati, reticolati, che separano quartieri, dividono vie, e tengono irrimediabilmente lontane le vite dei membri delle due comunitá. Cattolici repubblicani da una parte, che vorrebbero unirsi a Dublino, e protestanti unionisti dall’altra, con il cuore che batte per Londra.

É di due giorni fa la notizia degli ultimi scontri fra le due fazioni, a margine di una giornata di festa per i protestanti che ricordavano la  vittoria nella battaglia del Boyne nel 1690. Per le strade di Belfast erano schierate tremila forze dell’ordine ben sapendo che si trattava dell’ennesimo pretesto per giungere ad un pericoloso contatto: lancio di oggetti, molotov, ma anche colpi di arma da fuoco che per fortuna non hanno  causato vittime.

Il resto dell’Europa guarda distratto a cosa accade in quel fazzoletto di terra, che invece dovrebbe testimoniare per noi occidentali, cosí in difficoltá a gestire le relazioni con il vicino mondo islamico, quanto il dialogo e la reciproca accoglienza siano i soli strumenti di pace, l’unica via percorribile. Strumenti e vie che come cristiani abbiamo troppe volte accantonato nei rapporti al nostro interno prima, e quindi verso il resto del mondo, e che il conflitto nord irlandese invece ci ricorda ancora.

I dati mostrano meglio di altro la profondità in cui affondano le radici della reciproca ghettizzazione: il 90% dei giovani frequenta scuole separate per credo religioso, aspetto  che ostacola l’integrazione e ha come logica conseguenza ben l’86% di matrimoni all’interno della propria comunità. Guardiamo ai muri israeliani come manifestazioni, lontane da noi, di relazioni tremendamente complicate e nn vediamo quelli che ancora alzano i nostri concittadini europei. A Belfast come a Ceuta e Melilla, a Cipro come in Ungheria e in Grecia.

Mura al posto di parole e sguardi.

Non è paradossale affermare che sono le chiese a poter giocare un ruolo importante nel processo di riconciliazione. Sono proprio loro infatti ad avere dato vita a tavoli attorno ai quali a partire dal 2013 siedono i rappresentanti delle confessioni cristiane (cattolica, presbiteriana, anglicana e metodista) per aiutare le nuove generazioni a crescere con una prospettiva differente, dimostrando anche con una vicinanza fisica  che il percorso ecumenico è in corso.

Per dare in questo modo voce alla minoranza che si batte per superare le divisioni con il sogno di vedere abbattuti tutti i muri. Perchè i quasi 4000 mila morti e gli oltre 50000 feriti di trent’anni di colori possano trovare infine pace e conforto.

Foto: “Gates in the ‘Peace Line’” di {{{1}}}Flickr: Gates in the ‘Peace Line’. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.