Spiritualità: un di più per contrastare la matrice maschile dell’odio

Il racconto del secondo appuntamento di incontri La “cultura” dell’odio contro le donne, tra social, scuola, religioni

 

Si è concluso il secondo appuntamento del ciclo di incontri La “cultura” dell’odio contro le donne, tra social, scuola, religioni, che ospitava in questa occasione il pastore valdese Daniele Bouchard e la ricercatrice spirituale Michela Morgana.

 

L’iniziativa, promossa dal laboratorio Femminicidi  e “cultura” dello stupro, ha offerto una profonda riflessione sulla necessità di affrontare i fenomeni di violenza e aggressione partendo dal riconoscimento della loro matrice indiscutibilmente maschile, un dato spesso ignorato malgrado la sua evidenza statistica.

 

Paola Cavallari, presidente emerita dell’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze Contro le Donne, ha aperto il dibattito evidenziando come l’odio misogino e sessista, pur avendo radici antiche, stia vivendo una preoccupante istituzionalizzazione e trasformazione in  sistema auto-legittimante, ben visibile in gruppi come gli Incel (Involuntary Celibates).

L’approccio dell’Osservatorio non elude la complessità del disagio maschile, ma ne rifiuta categoricamente il condono. Al contrario, gli uomini sono chiamati a comprenderlo e superarlo attivamente, poiché tale sofferenza sfocia spesso in aggressività e, persino, in atti criminali volti a rafforzare una vacillante identità di maschio. Per non perdere di vista le caratteristiche fondamentali di questi fenomeni, l’indagine deve avvenire attraverso la lente della politica sessuale.

La scelta degli ospiti, il pastore valdese Daniele Bouchard e la ricercatrice spirituale Michela Morgana, ha sottolineato l’importanza cruciale di coinvolgere le religioni e le comunità religiose nell’analisi, vedendo nella spiritualità una risorsa e uno stimolo per il superamento dei problemi.

 

La conversione dal dominio: la prospettiva di un disertore

Daniele Bouchard, definendosi “disertore del patriarcato”, ha incentrato il suo intervento sulla critica al dominio maschile e sulla necessità di un approccio antigerarchico. Bouchard  ha sottolineato il dovere di lottare contro la cultura misogina e di praticare relazioni paritarie. La sua riflessione sulle pratiche di contrasto è passata dalla rabbia brechtiana per l’ingiustizia, alla lezione paolina di “vincere il male con il bene”, concludendo che rispondere all’odio con l’odio è inefficace. Il suo metodo si basa sul rispetto, l’ascolto e una critica costruttiva che si traduce in una “chiamata alla conversione” dal patriarcato, pur mantenendo un approccio lontano dal buonismo.

Il cuore del suo pensiero risiede nell’analisi della sofferenza maschile: tale disagio, pur non giustificando mai il patriarcato, deve essere riconosciuto e accolto come strategia per combattere il sistema stesso. L’obiettivo è aiutare gli uomini in difficoltà a staccarsi dalla cultura dominante che li pone in situazione di disagio. Per attuare questo cambiamento, è fondamentale fornire strumenti per svelare la storia del dominio maschile e rispondere alla solitudine offrendo relazioni consapevoli e mature che indirizzino esplicitamente verso l’uscita dal patriarcato e propongano modelli di maschilità diversificati. Bouchard ha esteso il suo sguardo critico anche alla cultura gerontocratica e al cristianocentrismo storico, concludendo con l’appello a sostenere una visione non gerarchica e non misogina in ogni ambito.

 

Linguaggio, materialismo e la ferita spirituale

Michela Morgana, psicologa orientata a gettare un ponte costante tra sapere scientifico e sapienza spirituale, ha offerto una riflessione che collega la violenza maschile a una profonda crisi spirituale, linguistica e culturale vissuta dagli uomini. Definendosi una ricercatrice spirituale, ha evidenziato come la negligenza della dimensione interiore possa sfociare in problemi gravi, inclusa la violenza.

Morgana ha chiarito che il comprendere non equivale a giustificare, ma è necessario per il dialogo; la pace, come insegnamento buddhista, non è una meta ma la via stessa da percorrere con un preliminare lavoro di pacificazione interiore.

Un’analisi cruciale riguarda la degenerazione del linguaggio, che inibisce il pensiero critico giovanile, creando confusione e distorcendo la realtà. A questo si aggiunge la sovrabbondanza di comunicazione che ha eliminato lo spazio del silenzio, essenziale per connettere pensiero e sentimento. 

Analizzando il fenomeno Incel, Morgana lo ha descritto come l’accoglimento di una categoria identitaria che intrappola gli individui in una fissazione come vittime. Questo meccanismo sdogana l’odio, che affonda le radici in un profondo senso di umiliazione e risentimento. Gli Incel, in particolare, negano il patriarcato, percependosi come oppressi da un presunto “soverchiante potere femminile”. La psicoterapeuta ha interpretato questa polarizzazione come un “colpo di coda” reazionario, un ritorno arcaico e misogino generato dall’indebolimento del patriarcato.

 

Morgana ha concluso spostando l’attenzione sul piano spirituale: la società attuale è materialista e, delegando ogni soluzione alla materia, fallisce, sfociando nella cultura della depredazione. L’attacco alla donna, in questo contesto, non è solo misoginia, ma un attacco al Divino femminile e a una parte profonda del sé. Ha suggerito che, poiché molti uomini negano il termine patriarcato, l’uso della parola “misoginia” possa essere più efficace per avviare una riflessione con gli Incel, poiché potrebbero riconoscersi nell’avere “un problema col femminile”. L’ammonimento finale è che la cattiveria deriva dall’ignoranza e dalle ferite non sanate, esasperate dal supporto reciproco che la rete fornisce alle parti più regressive dello psichismo.

 

Conclusioni: la tensione vitale tra dialogo e conflitto necessario.

Il dibattito finale ha condensato le riflessioni emerse, focalizzandosi sul bilanciamento tra la stanchezza emotiva che le donne avvertono, dopo decenni di lotta, e la necessità di mantenere un conflitto costruttivo.

È emerso un consenso sulla necessità di nominare chiaramente il patriarcato come nemico, per evitare che il tentativo di dialogo si traduca nell’eliminazione del conflitto vitale necessario a smascherarlo. La responsabilità della violenza non è solo giovanile, ma si estende alla generazione adulta. Si è altresì notato che,  a differenza degli uomini-   l’odio non sia stata la reazione prevalente delle donne all’umiliazione storica, ribadendo che l’azione anti-patriarcale non deve mai scivolare nel buonismo.

 

Sul fronte delle istituzioni, il giudizio è severo: famiglia e scuola sono state definite “altamente diseducative” o “un bel disastro”. L’antidoto alla cultura predatoria è stato individuato nella spiritualità, intesa come la capacità di riconoscere l’alterità. L’unica strada efficace, in assenza di agenzie formative credibili, è sfruttare ogni occasione per costruire relazioni rispettose e promuovere modelli simbolici alternativi. Un’amara critica è stata mossa anche alle Chiese cristiane europee, giudicate carenti nella capacità di nominare e affrontare chiaramente temi cruciali come la giustizia di genere, compromettendo la loro stessa credibilità.

 

Infine, è stata ribadita l’importanza del lavoro interiore: per gli uomini affrontare la violenza richiede la capacità di gestire la propria parte emotiva aggressiva e di mantenersi su un “piano di pace”, riconoscendo che il conflitto è vitale solo quando è costruttivo. Questa consapevolezza è rafforzata dal concetto che ogni donna è la rappresentazione materiale del Divino femminile, e opporsi a questa dimensione equivale anche per gli uomini a opporsi a una parte profonda di sé.

 

La registrazione dell’evento è disponibile sul canale YouTube dell’Osservatorio, al link https://www.youtube.com/watch?v=i7gqm-ItPk4