Prix Italia, ecumenismo per la Tv
Il premio ideato dalla Rai ha anche un riconoscimento affidato a una giuria presieduta quest’anno dal pastore Ciaccio
Dal 20 al 24 ottobre si è svolto al Palazzo Reale di Napoli la 77ª edizione del Prix Italia, il più antico premio al mondo per radio, tv e (ora anche) contenuti in streaming (webTV e podcast), promosso dalla Rai. La competizione riguarda dieci categorie specifiche (es., miglior programma radio/podcast musicale, migliore serie tv, miglior prodotto di informazione digitale) e tre premi speciali, tra cui il Premio Speciale Signis, assegnato a un documentario da una giuria nominata dall’organizzazione cattolica internazionale che si occupa di cinema, tv e radio.
A Signis corrispondono due organizzazioni protestanti: Wacc, l’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana, e Interfilm, il cui membro italiano è l’Associazione protestante cinema “Roberto Sbaffi”.
Spesso queste organizzazioni nominano giurie ecumeniche. Pur essendoci esperienze interreligiose anche in Italia (la giuria Interfedi al Torino Film Festival e la giuria del Tertio Millennio Film Festival di Roma), il brand “giuria ecumenica” è totalmente assente dal panorama delle manifestazioni culturali italiane. Non solo c’è la questione del potere che la chiesa cattolica esercita in Italia più che altrove, ma c’è anche il fatto che nel nostro paese le giurie cattoliche hanno spesso una lunga tradizione.
Tuttavia, tra Wacc, Interfilm e Signis c’è una tale fraternità che per il Prix Italia sono almeno due anni che Signis chiede ai protestanti di proporre una persona per la propria giuria (l’anno scorso era stato Gianluca Fiusco). La giuria Signis, composta da Astrid Polz-Watzenig (Austria), Rosa Die Alcolea (Spagna), Erika Bakonyi-Tóth (Ungheria), Gabriel Palermo (Argentina) e da chi scrive, ha poi scelto come presidente il protestante. Così, un pastore delle chiese valdesi e metodiste ha presieduto una giuria cattolica in Italia: una scelta sorprendente, una bella responsabilità.
È stato un onore consegnare il premio ad Adriana Timco, produttrice di Hell Jumper (“Saltatore all’inferno”) della BBC, che racconta la vicenda di Chris Parry, giovane inglese che, inquieto per l’invasione russa in Ucraina, parte per Kiev, dove incontra tanti giovani occidentali come lui arrivati lì per dare una mano. Così, Parry va a mettere in salvo le persone che, non essendo scappate in tempo, sono rimaste nelle loro case a pochi metri dal fronte; dopo centinaia di queste operazioni di salvataggio, viene sequestrato e ucciso dal famigerato gruppo Wagner, gli spietati mercenari al soldo di Putin.
Il documentario, che ha vinto anche il premio quale miglior documentario televisivo, è visibile temporaneamente per pochi giorni su RaiPlay. Non è ancora stato doppiato né sottotitolato in italiano, ma per chi capisce l’inglese la visione è altamente consigliata. Al di là del prodotto raffinato e innovativo, che integra il racconto giornalistico al materiale girato dal protagonista col suo smartphone, la giuria è rimasta colpita perché in Hell Jumper emerge la contraddizione di un Occidente pacifico e piccolo borghese in cui è diffuso un grande vuoto esistenziale e spirituale. Chris Parry e i suoi coetanei sono dei giovani in cerca di senso e lo trovano aiutando il prossimo in zona di guerra, o parafrasando l’Evangelo, rinunciano a sé stessi per scoprire chi sono veramente, cioè esseri umani responsabili, che ricercano la pace soprattutto per chi pace non ha, scoprendo il senso più profondo dell’amore.