Sudan. «Obitorio a cielo aperto»

Gruppi cristiani chiedono il passaggio sicuro di 260.000 civili intrappolati ad El Fasher, nel Nord Darfur

 

Almeno 260.000 civili restano intrappolati nella città di El Fasher, ultimo baluardo governativo nel Darfur, in Sudan, tra notizie di bombardamenti indiscriminati, massacri e occupazioni di chiese da parte dei combattenti.

I gruppi cristiani chiedono l’immediata creazione di corridoi umanitari e di un passaggio sicuro per le persone circondate dalle Forze di Supporto Rapido (RSF). L’appello arriva dopo quello che gli attivisti hanno definito un «attacco brutale», in cui un drone delle RSF ha ucciso 15 persone e ne ha ferite 12 in un affollato mercato di El Fasher, martedì 30 settembre.

I Comitati di Resistenza della città hanno affermato che il bombardamento del mercato fa parte di una serie di omicidi volti a “piegare la città e spezzare la volontà dei suoi abitanti”, secondo quanto riportato da France 24.

 

L’appello è stato lanciato pochi giorni prima dell’udienza del 6 ottobre presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia, durante la quale Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, noto anche come Ali Kushayb, è stato condannato per crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante gli attacchi nel Darfur tra l’agosto 2003 e l’aprile 2004.

«El Fasher è diventata oggi un obitorio a cielo aperto a causa del continuo bombardamento di artiglieria pesante sin dall’alba», ha scritto in un post su Facebook il Coordinamento dei Comitati di Resistenza di El Fasher, definendo gli attacchi “violenti e indiscriminati”.

 

Di fronte all’escalation della violenza, secondo quanto riportato dal gruppo britannico Christian Solidarity Worldwide (CSW), oltre 100 gruppi cristiani e organizzazioni umanitarie hanno chiesto congiuntamente un passaggio sicuro, volontario e dignitoso per i civili di El Fasher, dove l’assedio dura da 17 mesi.

Le Forze di Supporto Rapido (RSF) sono accusate di bloccare le vie di fuga, costruire muri ai margini della città e prendere di mira uomini e ragazzi che tentano di scappare.

El Fasher è diventata il principale campo di battaglia tra le RSF e le Forze Armate Sudanesi (SAF) nel Darfur ed è l’ultima città della regione non ancora sotto il controllo delle RSF.


L’assedio continua nonostante una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che ne chiedeva la revoca. Ad aprile, le forze RSF hanno preso il controllo dei campi di Abu Souk e Zamzam, che ospitavano oltre 700.000 sfollati, trasformandoli in basi militari.

Tra maggio e settembre, i bombardamenti delle RSF hanno colpito sei volte la Chiesa Episcopale del Sudan a El Fasher, uccidendo due persone rifugiate all’interno durante un attacco il 5 settembre e ferendone cinque. Sette persone risultano ancora disperse, secondo CSW.

Il 16 settembre, le RSF sono avanzate nel nord-ovest di El Fasher, entrando sia nel campo di Abu Souk sia nel quartiere di al-Nasir.

Secondo i rapporti, le RSF ora occupano le chiese pentecostale ed episcopale, utilizzandole per dispiegare truppe e posizionare cecchini.

Il 17 settembre, i combattenti della RSF hanno attaccato una moschea vicino al campo di Abu Souk, uccidendo almeno 70 persone, tra cui tre operatori sanitari.
L’Ufficio ONU per i Diritti Umani ha avvertito che i civili affrontano “scelte impossibili” senza alcuna via d’uscita sicura: restare e rischiare di morire per bombardamenti e fame, oppure fuggire rischiando esecuzioni, violenze sessuali o rapimenti, secondo CSW.

 

Dall’esterno della città, la coordinatrice umanitaria ONU Denise Brown ha descritto l’enorme difficoltà di raggiungere l’area. Parlando da Tawila, a circa 50 km da El Fasher, ha spiegato che il suo team ha dovuto attraversare tre paesi, usare tre aerei e poi viaggiare tre giorni in auto per aggirare le linee del fronte. Tawila ora ospita circa 600.000 sfollati, per lo più provenienti da El Fasher, ha riferito UN News. Denise Brown ha definito la regione “uno degli epicentri di una catastrofe umanitaria”.

In tutto il Sudan, oltre 12 milioni di persone sono state sfollate, rendendo questa la più grande crisi di sfollamento al mondo. Brown ha avvertito del deterioramento delle condizioni nei campi, dove acqua potabile, servizi igienici e cibo restano scarsi. Colera, dengue e malnutrizione si stanno diffondendo rapidamente. Brown ha inoltre segnalato diffusi casi di violenze sessuali legate al conflitto, tra cui stupri, stupri di gruppo e schiavitù sessuale.

I convogli umanitari con cibo e forniture mediche sono bloccati da mesi.
Le strade sono minate e contaminate da ordigni inesplosi, e almeno 120 operatori umanitari sono stati uccisi dall’inizio della guerra, nell’aprile 2023. Il piano di risposta umanitaria da 4,2 miliardi di dollari del Sudan è finanziato solo al 25%, lasciando gli operatori in prima linea senza risorse.

Dall’inizio della guerra civile tra le RSF e l’esercito, sono stati uccisi almeno 40.000 civili, e oltre 24 milioni di persone soffrono di grave insicurezza alimentare.

 

L’appello congiunto di ONG locali e internazionali, lanciato questa settimana, ha chiesto alle potenze mondiali di adottare misure urgenti per prevenire ulteriori massacri e garantire l’accesso agli aiuti dentro El Fasher.

La Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato la scorsa settimana che l’epidemia di colera in Sudan, inizialmente scoppiata nel luglio dello scorso anno, si è ormai diffusa in tutti i 18 stati del paese: sono oltre 3.000 le persone morte a causa della malattia negli ultimi 14 mesi.

 

 

 

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