Briciole di pane

La Conferenza sul patrimonio armeno sollecita un’azione coordinata: proteggere «l’espressione viva di fede, identità e memoria»

 

La Conferenza sul patrimonio armeno si è conclusa con una dichiarazione che sollecita «Un’azione internazionale coordinata per proteggere il patrimonio religioso e culturale armeno – si legge sul sito del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) –; i diritti umani del suo popolo e la futura sicurezza della nazione armena».

 

La conferenza è stata ospitata dal Cec in collaborazione con la Chiesa protestante in Svizzera, a Berna, in Svizzera, e si è conclusa il 28 maggio.

 

La dichiarazione della conferenza delinea un quadro di responsabilità in risposta allo sfollamento forzato della popolazione armena avvenuto nel 2023 e alla perenne distruzione del suo patrimonio religioso e spirituale.

 

«La conferenza risponde all’appello lanciato dalla Chiesa Apostolica Armena ed è stata organizzata dal Consiglio Ecumenico delle chiese e dalla Chiesa Protestante in Svizzera, che riconoscono l’inestricabile legame tra patrimonio culturale, identità e giustizia», ​​così si legge invece nella dichiarazione congiunta.

 

L’incontro di Berna rappresenta un impegno collettivo per la verità, la conservazione della memoria affinché vi sia un’azione internazionale coordinata per salvaguardare questa eredità comune dell’umanità.

 

La dichiarazione riconosce lo sfollamento forzato di oltre 120.000 armeni dall’Artsakh/Nagorno Karabakh a seguito dell’assalto militare e del blocco imposto nel settembre 2023.

 

«Siamo stati testimoni della cancellazione di millenni di anni di presenza cristiana armena nella regione e della diffusa e continua distruzione di chiese, cimiteri, monumenti e altri siti sacri e culturali, come documentato da organismi indipendenti come Caucasus Heritage Watch, Save Armenian Monuments e Monument Watch e da altri attori culturali», si legge ancora.

 

«Ascoltando il punto di vista di esperti e di professionisti legali internazionali, riaffermiamo che la distruzione del patrimonio culturale costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario e può costituire un crimine contro l’umanità e un indizio di intenti genocidi».

 

La dichiarazione invita la comunità internazionale a garantire l’assunzione di responsabilità e a rispettare i propri mandati per la protezione del patrimonio culturale e religioso.

 

«Affermiamo inoltre il diritto al ritorno delle popolazioni sfollate nelle loro terre ancestrali in condizioni di sicurezza, dignità e non discriminazione […]. Come chiese e comunità religiose, crediamo che la tutela del patrimonio non riguardi solo i monumenti, ma l’espressione viva della fede, dell’identità e della memoria».

 

I leader religiosi di tradizione cristiana, ebraica, musulmana e yazida si sono uniti alla conferenza per affermare che la tutela del patrimonio religioso è espressione della loro comune umanità e un percorso verso la riconciliazione.

 

«Sottolineiamo il ruolo della collaborazione interreligiosa nel risanamento, nella ricostruzione della fiducia e nella promozione della dignità di tutte le persone colpite da sfollamenti, guerre e pulizia culturale».

 

Il testo chiede poi un’azione internazionale coordinata su più fronti: «Il patrimonio, quando protetto, può essere fonte di riconciliazione».

 

La dichiarazione esprime gratitudine a coloro che hanno condiviso testimonianze di sfollamento, coraggio e resilienza, in particolare ai sopravvissuti e ai rappresentanti delle comunità armene dell’Artsakh/Nagorno Karabakh.

 

«Che questa dichiarazione serva da testimonianza della nostra responsabilità condivisa e da documento vivo di solidarietà, coscienza e impegno», conclude la dichiarazione.

 

«Il patrimonio dell’Artsakh/Nagorno Karabakh appartiene non solo agli armeni, ma all’intera umanità ed è nostra responsabilità collettiva proteggerlo».