La guerra del presepe

Pensati come simboli di una festa religiosa, i luoghi naturali in cui esporre presepi, alberi di Natale e corone dell’avvento sono le chiese e le case. Nei luoghi pubblici il discorso si complica

 

Ai primi di dicembre nelle chiese così come in molte case.ci si prepara al Natale, anche esponendo addobbi che creano un’atmosfera calda e festosa. I simboli sono diversi. La tradizione cattolica predilige il presepe la cui ideazione, secondo una lunga ma non unanime tradizione, si deve a Francesco d’Assisi: come ben noto, si tratta di una libera ricostruzione delle atmosfere di Betlemme sempre più contaminate, però, da oggetti e personaggi del tutto incoerenti. Per i maestri ceramisti più famosi è un esercizio di fantasia riprodurre il personaggio più famoso del momento e offrirlo agli acquirenti come la statuina da presepe dell’anno. Pare che quest’anno siano molto alte le quotazioni di Jannik Sinner.

 

La sensibilità protestante, sempre critica nei confronti di immagini che rischiano di diventare esse stesse oggetto di un culto che invece va reso soltanto a Dio, predilige l’albero di Natale. Una tradizione vuole che sia stato proprio Lutero a inaugurare l’usanza di decorare un albero nel periodo natalizio, ma l’ipotesi più accreditata è che il padre della Riforma protestante abbia semplicemente ripreso e avvalorato una pratica preesistente.

 

Più coerentemente protestante è il calendario dell’Avvento, costruito con delle caselle giornaliere che contengono un piccolo dolciume e una riflessione: un percorso per avvicinarsi consapevolmente alla celebrazione del giorno della nascita di Gesù. Sempre più diffusa anche la “corona dell’Avvento”, una ghirlanda che sorregge quattro candele che verranno accese, una ad una, nelle domeniche precedenti il Natale. Anche in questo caso il messaggio è quello della gioia dell’attesa di un giorno speciale, espresso con la festosa luce delle candele.

 

Pensati come simboli di una festa religiosa, i luoghi naturali in cui esporre presepi, alberi di Natale e corone dell’avvento sono le chiese e le case, spazi privati nei quali individui e comunità possono esprimere liberamente una tradizione religiosa che rimanda a una fede professata e vissuta. Il discorso diventa più complicato nei luoghi pubblici, e soprattutto nelle scuole che sono spazi di tutti e che quindi devono caratterizzarsi per accoglienza e inclusività di tutte le tradizioni; o, all’opposto, per una neutralità che implica l’esclusione di qualsiasi simbolo religioso. Accade, a esempio, in Francia dove nel nome del principio di laicità non è possibile esporre simboli religiosi, qualsiasi essi siano, in luoghi come scuole, ospedali, uffici pubblici.

 

È più che evidente che negli spazi pubblici italiani si espongono i simboli religiosi, ma solo quelli della tradizione cattolica. Alcune forze politiche, a rafforzare una tendenza già solidissima, hanno ingaggiato una vera e propria battaglia dei simboli per rafforzarne la presenza e la legittimità; un gruppo di senatori, infatti, si fa portatore di un disegno di legge teso a – cito letteralmente – «preservare e tutelare le festività e le tradizioni religiose cristiane quale espressione più autentica e profonda dell’identità del popolo italiano». E chi, italiano da generazioni, non è né cattolico né cristiano?

 

E così mentre il ministero dell’Istruzione censura le scuole che nei limiti della loro autonomia hanno scelto di chiudere in occasione della festa per la fine del digiuno islamico nel mese di Ramadan, come è accaduto nei mesi scorsi, si vuole imporre il presepe di Stato. Due pesi e due misure, ignorando i sentimenti di milioni di persone che oggi vivono una fede diversa da quella cattolica.

La scuola italiana e l’Italia delle tante religioni e culture di tutto hanno bisogno tranne che di una guerra del presepe o dell’albero di Natale: simboli e tradizioni non possono essere branditi come clave di una presunta identità culturale ma vivono e hanno senso soltanto nella coscienza di chi ricorda con gioia la nascita di Gesù.

 

La rubrica «Essere chiesa insieme» a cura di Paolo Naso è andata in onda domenica dicembre durante il «Culto evangelico», trasmissione (e rubrica del Giornale Radio) di Rai Radio1 a cura della Federazione delle chiese evangeliche

in Italia. Per il podcast e il riascolto online ci si può collegare al sito www.raiplayradio.it