Ecumene. Una psicologa ai campi estivi

Introdotta quest’anno una nuova figura per rispondere alle esigenze di staff e ragazzi

 

Al Centro Ecumene di Velletri (Rm) quest’anno è stata introdotta una nuova figura: una psicologa (anzi due, Miriam Buffa e Alessandra Gilli), per aiutare sia nella preparazione dei campi, sia durante lo svolgimento, in appoggio ad animatori e ragazzi.

 

Una scelta motivata, per la direttrice Elvira Migliaccio, dal generale aumento del disagio giovanile, oltre che dal tema di alcuni campi: dopo il campo cadetti (6-12 anni, 30 giugno – 7 luglio, ne ha scritto Giovanni Bernardini nello scorso numero di Riforma) si svolge infatti il campo juniores (12/13-17 anni) dal 13 al 21 luglio, sul tema della giustizia, e poi il campo giovani (dai 16 anni) dal 9 al 18 agosto, sul tema “imparare ad amare”.

 

La psicologa per il “juniores” è Miriam Buffa, della chiesa valdese di Ivrea (To), che abbiamo raggiunto telefonicamente proprio durante il campo: «Ho avuto la richiesta di pensare il campo insieme alla staff, oltre che di accompagnarla nello svolgimento, perché negli ultimi anni le staff si sono trovate di fronte a difficoltà nel gestire forme di disagio, espresse soprattutto dagli adolescenti, diverse rispetto a quelle assunte nelle generazioni precedenti, da qui la necessità di una formazione specifica. Ritrovandoci online, con cadenza regolare, nei mesi scorsi, abbiamo potuto conoscerci e si è creata una buona familiarità, anche a partire da un comune senso dell’umorismo e modalità di affrontare le situazioni. Abbiamo condiviso i timori, partendo da quanto accaduto negli anni passati, come episodi di attacchi di panico o di pianto che hanno coinvolto più persone e che gli adulti non sapevano spiegarsi».

 

Una valutazione “in corso d’opera”? «Il campo sta procedendo bene, a parte un caso di un ragazzo che ha lasciato; abbiamo poi lavorato con il resto del gruppo su questa perdita, e anche questo è stato un momento importante. Stiamo lavorando anche sugli aspetti della vita sentimentale, le emozioni, parlando con i ragazzi, stando attenti a dare loro voce, a restare in ascolto, cercando di essere figure di riferimento».

 

Chi si occupa di campi estivi denota spesso che le difficoltà maggiori non si hanno con i “piccoli” ma con gli adolescenti, e che la situazione è peggiorata dopo la pandemia del 2020 e i suoi strascichi. È così?

 

«In generale, per certi aspetti sì, il lockdown ha tenuto un po’ tutti prigionieri e i ragazzi hanno visto interrompere una parte del loro sviluppo, che ha impedito l’”allenamento” ai contatti con l’esterno. Questo ha portato una difficoltà nell’”uscire”, anche simbolicamente da un periodo di forte chiusura. Ma devo dire che non abbiamo osservato particolari difficoltà, i ragazzi riescono a stare facilmente in gruppo, con le normali dinamiche degli adolescenti».

 

La scelta del Centro di affiancare le staff a una psicologa era motivata anche dai temi dei campi, in questo caso la giustizia: ci puoi dire qualcosa di più in merito? «La progettazione ha subito delle variazioni, per cui l’idea iniziale di concentrarsi sul tema del carcere si è man mano ampliata, perché si è valutato che poteva dare spazio ad altre sfaccettature del tema della giustizia. Dal mio punto di vista di psicologa, ho posto l’interrogativo se certi temi potevano risultare troppo forti, quindi siamo stati attenti a calibrare bene le varie tematiche, in un’ottica di prevenzione. Abbiamo poi stimolato i ragazzi a esprimere le loro reazioni di fronte ai video e i film che abbiamo visto, abbiamo avuto la testimonianza di un detenuto che ha fatto un percorso molto bello, e abbiamo ospitato una persona esperta di lavoro nelle carceri. Siamo stati attenti a interrogare i ragazzi facendo emergere il loro vissuto man mano che procedeva il campo».