L’empatia di Gesù

Un giorno una parola – commento a Ebrei 2, 18

 

 

«Io sono con te», dice il Signore, «per salvarti»

Geremia 30, 11

 

Poiché egli stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono tentati

Ebrei 2, 18

 

Care lettrici, cari lettori, c’è una parola suppongo relativamente recente nell’uso linguistico comune ma diventata ricorrente: empatia. Possiamo esprimere quel concetto con altre parole magari più concrete? Interesse per l’altra persona, voglia di ascoltarla, rispetto, stima, compassione, senso di appartenenza e condivisione di un destino comune?

 

Si dice generalmente che i giovani oggi hanno difficoltà con l’empatia, come se si trattasse di un vago disagio patologico. Ma che può significare, forse che hanno paura a fare spazio alle esperienze ed esigenze dell’altro? Che minaccia può venire a me dalla gioia e dai dolori altrui? Facciamo qualcosa per attrezzare i giovani invogliandoli ad incontrare gli altri, a conoscere modi e vissuti diversi, e soprattutto a credere in una umanità condivisa?

 

Se vogliamo dire che Gesù era un empatico, be’ ovviamente sì. Ma era semplicemente un figlio e fratello del suo popolo, che ha creduto nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe e ha voluto mostrarlo a tutte e tutti come Padre comune. Coerente e fedele all’umanità, propria ed altrui. E per questo nostro aiuto anche oggi. Amen.