Conferenza sul lavoro di Parma. Il messaggio alle chiese

Al termine. di due giorni di lavoro il testo prodotto dalla Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia

 

A seguito della Conferenza sul lavoro, nei suoi aspetti anche teologici e pastorali, dal titolo “Vocazione agroalimentare e lavoro nel territorio parmense” (Parma 6-7 aprile 2024), giunge questo messaggio alle chiese.

 

La Conferenza era organizzata dalla Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Essa si inserisce in un’ampia proposta di iniziative che nel corso dell’anno vedono la FCEI impegnata in tutta Italia con convegni e approfondimenti.

Riportiamo qui di seguito il testo integrale.

 

Messaggio alle chiese

Parma e Palermo sono le città che hanno radicato e situato la riflessione della GLAM sul lavoro concreto che costruisce specifiche organizzazioni della vita economica e sociale visti dalla prospettiva teologica e pastorale, iniziando a sviluppare -attraverso un ciclo periodico di incontri –  l’esperienza della Carovana per il lavoro sostenibile e dignitoso del 2015 che aveva raggiunto alcune comunità da sud a nord tra cui Parma grazie alla pastora Mirella Manocchio.

Siamo grati alle chiese evangeliche metodista ed avventista di Parma e in particolare alla Chiesa metodista per la collaborazione e l’ospitalità della sessione comunitaria.

 

Essere a Parma ha consentito di confrontarsi su una scelta di industrializzazione che ha assecondato la precedente caratterizzazione agricola definendo e plasmando la propria attività produttiva prevalente come e allo stesso tempo diversamente da altre regioni italiane.

Ce ne hanno parlato nella sala delle Missioni estere saveriane Nicola Tedoldi(pastore metodista e direttore della qualità in una azienda di logistica), Simone Baglioni (professore ordinario di sociologia all’Università di Parma), Filippo Arfini(professore presso Economia Agroalimentare, Dipartimento Scienze Economiche Aziendali, Università di Parma), e, come testimonianza di lavoratori e lavoratrici evangelici Bruna Codeluppi e Solomon Dwamenah. Presenti anche esponenti della Unione cristiana imprenditori e dirigenti (UCID, costituita a Parma nel 1947).

 

E poi il giorno successivo nella chiesa metodista i pastori Stanislao Calati, Franco Evangelisti e Nicola Tedoldi.

Coltivare custodendo il creato quale soggetto portatore di diritti e di dignità: la filiera agroalimentare poggia su una scommessa di sostenibilità intesa come condizione di riproducibilità della vita nella sua funzione di sostentamento della nostra specie.

 

I processi di desertificazione e le alterazioni dei cicli vitali che si estendono anche alle nostre latitudini stanno inducendo progressivamente ma ancora marginalmente dal lato della produzione e del consumo a contrastare la pressione consumista con una domanda di benessere animale, tutela della biodiversitàe delle risorse idriche, e produzioni di qualità che lascia ancora indietro  una altrettanto urgente domanda di sostenibilità sociale nel riscatto  della dignità del lavoro le cui condizioni (non diverse da quelle di Matteo 20,1-6) mettono in sofferenza i legami sociali.

 

Le ricerche socio economiche portate hanno evidenziato da un lato il contributo fondamentale del lavoro migrante nella trasformazione alimentare e nell’agricoltura dove il lavoro procede a ciclo continuo.

E dall’altro l’impegno pubblico-privato nella integrazione (più complessa per chi ha un pregresso di richiesta d’asilo) che ha saputo creare i presupposti per lo sviluppo di una imprenditoria migrante spesso come evoluzione del lavoro dipendente in una filiera integrata con operatori locali nella posizione di fornitori e del sistema creditizio, colmando così un gap di percezione della distribuzione dei migranti nei settori produttivi.

 

Peraltro, la trasformazione traina solo parzialmente lo sviluppo agricolo ancora fortemente a conduzione diretta e familiare con aiuti esterni stagionali e affaticata da condizioni che le manifestazioni in tutta Europa di questi mesi hanno declinato.

Eppure la chiamata ad amare Dio servendo il prossimo comporta una diligenza materiata di giustizia, essere centrali di pensiero critico per riportare il lavoro umano alle sue priorità sociali ma anche alla sua intima natura di intervento sul creato cioè sulle vite degli altri, al suo impatto sugli ecosistemi.

 

Solo il lavoro necessario, superando la dicotomia lavoro-ozio che ha impegnato i riformatori in tempo di proto borghesia. L’ozio non come prosecuzione dell’asservimento al ciclo produttivo ma come shabbat, tempo non mercantile, gratuito per sé, per la lode, per lo studio.

 

Rispetto alla funzione pastorale, le tre relazioni e il dibattito hanno offerto riflessioni e proposte di analisi, ascolto da un lato e contestualizzazione teologica della vocazione ad esercitare con discernimento un buon lavoro che verranno sviluppate.

Chiediamo alle chiese di impegnarsi e continuare a promuovere insieme questa ricerca per il bene comune.