Una nuova missione di Medical Hope in Libano

Il racconto dell’operatrice Marta Barabino sul progetto in Libano finanziato in larga parte dall’Otto per mille della chiesa battista in Italia

 

Sono trascorsi circa 50 giorni dall’ultima missione medica del team di Medical Hope. Torniamo a lavorare con alcuni buoni propositi dopo l’estate. In Libano, oltre ai luoghi che frequentiamo abitualmente per visitare i pazienti, tra cui le cliniche di Medici senza frontiere, l’Islamic Hospital a Tripoli e lo Chtoura Hospital nella valle della Bekaa, abbiamo aperto una nuova collaborazione con il Kheir Hospital nella regione nord del paese con lo scopo di agevolare le famiglie siriane che abitano nella zona dell’Akkar ed evitare che debbano confrontarsi con i severi controlli ai checkpoints che possono metterli in pericolo con l’esercito libanese o esporli al rischio di deportazione.

 

Continua la collaborazione con le presidi della scuola Ramallah-UNRWA, all’interno del campo palestinese di Chatila, e della Welfare school, scuola per supporto a bimbi e bimbe con bisogni specifici e children’s home (una struttura per bambini, alcuni senza genitori, ndr). Gli incontri ci permetteranno di strutturare le attività di prevenzione e cura dentale agli studenti e studentesse delle scuole in collaborazione con COI (Cooperazione Odontoiatrica Italiana) e la Parrocchia di Sant’Alfonso (TO) che ci seguono in questo progetto dall’Italia.

 

Un passo indietro: il contesto nel quale operiamo e la situazione della popolazione siriana

Nel 2024, il programma di cash assistance, che permetteva a famiglie siriane rifugiate molto vulnerabili di accedere ai beni di prima necessità, è stato ridotto del 40%. Nel periodo attuale, in seguito ai tagli dei fondi nordamericani, l’ultimo ciclo per il cash assistance rivolto ai casi molto vulnerabili ha avuto inizio ad aprile 2025 e termina a settembre 2025. Al momento non è possibile garantire un sostegno superiore a 3 mesi per nucleo familiare, diversamente dagli anni passati. È importante sottolineare come il programma di cash assistance sia molto spesso l’unico mezzo di sostentamento di tantissime persone.

Le frontiere sono porose ma la situazione in Siria non permette una stabilità tale per le persone da decidere di tornare definitivamente; i pericoli non sono finiti, bisogna ricostruire tutto. E con tutto intendiamo case, strade, scuole, sistema sanitario.

 

Già a partire dal 2023 UNHCR ha subito una importante riduzione dei fondi a disposizione per le sue operazioni su scala mondiale; tali fondi hanno subito un ulteriore taglio nel corso del 2024, con 93 milioni di dollari in meno per Libano, Siria, Giordania e Yemen. Recentemente, con il congelamento dei fondi di USAID, stiamo già osservando che la situazione non sarà sostenibile a lungo. Anche le ONG e i programmi più “grandi” e affermati in Libano per il loro lavoro e attivi da anni, si ritrovano oggi a fare i conti con un taglio ai fondi senza precedenti, in un contesto che non migliora.

 

A ciò si aggiungono anche i tagli nei programmi di supporto sanitario, con la previsione di conseguenze drammatiche. Basti pensare a tutte le donne che hanno partorito in sicurezza grazie alla copertura delle spese sanitarie da parte di UN, così come le centinaia di operazioni chirurgiche.Nel 2024, il 38% di bambini è nato da famiglie siriane e l’83% delle spese ospedaliere è stato coperto da UNHCR. A fine 2025 questo non sarà più possibile. È evidente che il taglio dei fondi potrebbe in parte incoraggiare i rifugiati a spostarsi in Siria, nonostante il paese non sia attualmente in grado di garantire per tutti condizioni di vita adeguate, né una sufficiente assistenza sanitaria. Le frontiere sono porose ma la situazione non permette una stabilità tale per le persone da decidere di tornare definitivamente; i pericoli non sono finiti, bisogna ricostruire tutto. E con tutto intendiamo case, strade, scuole, sistema sanitario. In aggiunta, va considerato che neanche in Libano i rifugiati hanno accesso a cure di base, trattamenti salvavita, operazioni chirurgiche, medicinali per malattie croniche a prezzi accessibili, se non grazie a INGOs e programmi specifici.

 

Oggi come ieri è importante mantenere alta l’attenzione sulle persone in condizioni di vulnerabilità e di necessità. La fase della “ricostruzione” non può essere breve, facile, naturale; richiede anzi più sforzi di prima, poiché si fonda sulle macerie di una storia travagliata e di sofferenza. L’assistenza alle persone che fino a ieri erano internazionalmente considerate rifugiate e beneficiarie di protezione e diritti non può interrompersi, e proseguire su questa linea non potrà creare altro che ineguaglianze, sofferenza e aumentare il numero di persone che non possono provvedere a loro stesse e alla comunità.

La crisi economica in Libano ha provocato un blocco delle importazioni: le aziende importatrici non ricevono i fondi promessi dalla Banca centrale, che è a corto di liquidità. I fornitori esteri hanno accumulato debiti e interrotto le spedizioni. Il governo ad interim non riesce più a garantire i sussidi sui medicinali, aggravando la crisi e spingendo i prezzi oltre la portata dei pazienti.

 

Per quanto riguarda il lato sanitario, mancano medicinali per malattie croniche come diabete, ipertensione, cancro, sclerosi multipla e patologie cardiache. Inoltre negli ultimi anni il collasso del sistema sanitario ha portato al ritorno di malattie prevenibili come colera, epatite A, morbillo e meningite.

In molte zone della città di Beirut, quartieri ad alta densità abitativa e povertà, così come nelle carceri, il sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie sono sempre più critiche, anche a causa di mancanza di acqua potabile e pulita e di un sistema di smaltimento adeguato dei rifiuti.

 

Dall’inizio di quest’anno Medical Hope ha potuto fornire oltre 1000 confezioni di medicinali forniti gratuitamente dal Banco Farmaceutico, che recupera centinaia di farmaci da donatori e aziende per ridistribuirli a entità che si occupano di persone vulnerabili. Ringraziamo il Banco farmaceutico per il supporto e la cooperazione dimostrate negli anni, cruciali per la sostenibilità del progetto e per fornire a decine di pazienti medicinali che non sono disponibili in Libano, o a prezzi inaccessibili di mercato.

 

Periodo di “anniversari”

In queste settimane ricorrono i primi anniversari degli attacchi israeliani che hanno dato luogo all’escalation del conflitto tra Israele e Hezbollah.

Il 17 settembre è trascorso un anno dal cyberattacco che ha fatto esplodere centinaia di cercapersone in tutto il Libano e la Siria, causando centinaia di morti e feriti; il giorno dopo era successo lo stesso, ma con i walkie-talkies; il 23 settembre le forze israeliane hanno avviato una serie di attacchi aerei in Libano provocando oltre 700 morti. In quegli stessi giorni la crisi in Libano si è allargata a macchia d’olio, creando centinaia di migliaia di sfollati dal Sud del paese e all’interno della città di Beirut, fino al 27 novembre, quando un cessate il fuoco era stato accordato tra Hezbollah e Israele. Il partito sciita ad oggi registra oltre 4500 violazioni di questo stesso cessate il fuoco, con violenti attacchi maggiormente nella zona meridionale del Libano e nella valle della Bekaa. L’”emergenza” non è mai finita e le condizioni di un paese già precario non fanno altro che aggravarsi.

 


 

Medical hope è in larga parte finanziato dall’ 8×1000 dell’UCEBI.