
Noi “siamo del Signore”
Un giorno una parola – commento a Romani 14, 8
Il Signore fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire
I Samuele 2, 6
“Se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore”
Romani 14, 8
Se c’è una parola che può essere accolta solo per fede (e una fede come quella dell’antico scrittore cristiano Tertullianoche diceva: “Credo perché è assurdo”), è proprio questa. E questo fin da subito, dalla frase iniziale: “Se viviamo, viviamo per il Signore”. L’apostolo Paolo, infatti, qui afferma che l’esistenza nella quale siamo immersi e che noi siamo, per la quale lottiamo, ci affanniamo, e soffriamo e gioiamo, e alla quale teniamo con tutto il nostro “io” perché è la “nostra” vita, in realtà non è la vera vita.
Non vi è infatti per l’Apostolo una vita umana in sé, ma la nostra vita è tale solo nel suo riferimento a Dio, al suo giudizio e alla sua promessa. Una vita ancora certo caratterizzata dalla nostra morte fisica (non a caso Paolo scrive anche: “se moriamo, moriamo per il Signore”) ma ora qualificata dalla morte e dalla risurrezione di Cristo come speranza della vita eterna.
Dunque, la vita non è “nostra” come noi normalmente la intendiamo, e neanche la morte è “nostra”, perché noi “non siamo nostri”. Noi non ci apparteniamo, per il semplice fatto che, è l’altra affermazione di Paolo, “sia che viviamo o che moriamo, siamo del Signore”.
Sì, noi “siamo del Signore” che ci ha acquistati a prezzo del suo sangue. È l’impossibilità (pensando a Tertulliano, potremmo anche dire “l’assurdità”) che ci è offerta come la nostra possibilità di fragili creature segnate dalla morte di riscoprirci liberi dalla morte, perché in Gesù c’è stata la morte della morte in sé, e allora non c’è più la morte come annientamento della vita ma la “morte in riferimento a Dio”. È il compimento del nostro umano esistere terreno, per una nuova esistenza che sarà il nostro eterno “uscire da noi stessi” (“esistere” vuol dire proprio questo) per immergerci in Dio, nella sua beatitudine che non avrà mai fine. Amen.