
Caccia: la riforma che spara sulla biodiversità
Tra “propaganda verde” e lobby delle armi, il disegno di legge apre a una caccia perenne e a un ecosistema militarizzato. Cresce l’allarme per l’impatto ambientale, culturale e sociale
Indignata la risposta del mondo venatorio all’indomani delle reazioni sollevate da ambientalisti e da diversa stampa. Allarmismo inopportuno verso una categoria che ha la natura nel cuore, la biodiversità nel sangue e il grilletto facile tra le dita. Il disegno per la riforma della legge quadro sulla fauna selvatica 157/92, votato a favore dal Consiglio dei ministri lo scorso lunedì, apre uno scontro tra ministeri. Eugenio Dupré, esperto di biodiversità al ministero dell’Ambiente, ha spiegato che la modifica di legge va in contrasto con la direttiva Uccelli, che tutela la vita e la funzione ecosistemica di questi animali. Ad alcuni di questi uccelli, che cantano esclusivamente per la riproduzione, vengono strappate le penne per favorire il nuovo piumaggio, indice di innamoramento, costringendoli a cantare ininterrottamente senza mai riprodursi.
Certo questo non è scritto sul sito di FACE, Federazione europea di associazioni per la caccia e la conservazione della specie, dove in bella evidenza sventola il Manifesto per la biodiversità, che interfaccia sette milioni di cacciatori europei con il Parlamento Europeo. Il book fotografico è ricco di animali salvati dal cacciatore scout e di amorevoli bambini a contatto con una natura a dimensione di favola, pienamente goduta e rispettata. Così anche la caccia scopre il green wash come sistema di riqualificazione e la “propaganda verde”, distoglie l’attenzione dal vero problema: le armi. L’attività venatoria in Italia genera un valore economico di 8.481 milioni di euro, di cui 1.711 vengono dal settore armiero e 5.801 da attrezzature, compresi accessori per armi, il resto per la cosiddetta tutela ambientale, che comprende le aziende faunistico venatorie dove sparare è concesso tutto l’anno.
Se l’iter della legge non verrà bloccato, avremo una caccia perenne, dove ai periodi di chiusura subentrano dette aziende. Si sparerà nei luoghi demaniali e poco interessa che siano frequentati da amanti del fitness, da escursionisti o da gitanti fuori porta. Oltretutto si spara di giorno e di notte. Anche questo a beneficio della biodiversità? La lobby della caccia e delle armi è ovunque ben rappresentata e, se non bastasse, in Italia aggancia anche gli interessi della Coldiretti che, fatalità, inserisce i piani di agrivenatoria biodiversitalia, proprio all’interno di quelle aziende faunistico-venatorie a cui è data carta libera. Dando un’occhiata al fatturato italiano per export armi, leggiamo che nel 2024 ha portato 8 miliardi di euro, registrando un aumento del 138% nel periodo 2020-2024 e collocando l’Italia al sesto posto nella classifica mondiale dei paesi esportatori di armi. La modifica alla legge 185/92 che ne detta le regole favorirà un commercio più fluido e meno vincolato a restrizioni “burocratiche”. La cultura delle armi è stata sdoganata e insieme al linguaggio dell’odio rischiano di diventare una trappola in cui la società cadrà se continua a informarsi superficialmente contando sulle news parziali dei social e tenendosi lontana e impreparata dai luoghi dove le leggi si promulgano, e la società civile ha, non solo il diritto ma anche il dovere di vigilare, quando avviano a derive pericolose.
I favori al settore delle armi sono evidenti e la modifica della 157/92 va nella stessa direzione: la concessione di spazi ecosistemici, trasformati in parchi giochi, soprattutto per ricchi di tutte le nazionalità autorizzati a entrare armati in Italia per il divertimento garantito nelle aziende faunistico venatorie e nelle proprietà private dove è possibile sparare indiscriminatamente a specie prima protette e ora meno. Giochi a cui possono accedere anche ragazzi che hanno compiuto sedici anni, detentori di armi da caccia con il consenso dei genitori. È una cultura in crescita che scivola nelle attività delle scuole, a partire dalle elementari e avvicina incautamente i bambini alle armi. Denunce provengono dall’ Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che mostra immagini di bambini con il grembiulino giocare sui carrarmati e piccole manine di bimba calibrare il peso di una pistola o simulazioni di difesa da attacchi animali, che riportano alla mente la triste paranza dei bambini, dove la misura del coraggio lo dà la capacità di sparare all’animale caro.
Che società stiamo coltivando? La cultura italiana che propugna il Governo è tutta qui, propaganda militare, armi per uso civile e un made in Italy, quello armiero, macchiato di sangue, animale e umano e ancora una volta di bambini e bambine trucidati e massacrati. Li vediamo, li compiangiamo ma quando finirà questa ipocrisia di Stato? Solo quando ci ritireremo da contratti succulenti che grondano di sangue e non mettono mai la parola fine a guerre e violenza. Biodiversità da proteggere? Sì, ma si chiama amore per il Creato.
Maria Elena Lacquaniti è coordinatrice della Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei).