
Parlare di religioni nelle scuole
Un incontro-confronto organizzato dal Liceo valdese di Torre Pellice
Forse un inizio della ricerca di una soluzione al problema «Quale religione per quale scuola?» sta nel volgere tutto al plurale. Plurale è la società, composito è il panorama delle fedi presenti. Dunque nelle scuole, di ogni ordine e grado, bisogna porsi il problema “delle religioni”.
Voluto dal Liceo valdese venerdì 16 maggio a Torre Pellice (To), ma rivolto alla cittadinanza, l’incontro, dopo i saluti della sindaca Maurizia Allisio, del pastore Michel Charbonnier e (da Roma) di Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, sotto la conduzione di Roberto Canu, presidente del Comitato del Collegio valdese, ha preso le mosse da una serie di cinque coppie “antinomiche” suggerite da Maria Chiara Giorda, docente di Storia delle religioni all’Università di Roma Tre: innanzitutto ciò che è religioso in contrapposizione a ciò che è secolare (o, a seconda delle interpretazioni, post-secolare); analfabetismo vs. conoscenza del fenomeno religioso; Insider/Outsider (schematismo da superare, in una società complessa come la nostra). Ma ancora più da superare – ha detto Giorda – è l’opposizione fra maggioranza e minoranza. Non perché i termini abbiano perso significato, ma perché le implicazioni fra le rispettive categorie è, anch’essa, più complicata di un tempo.
L’ultima opposizione riguarda lo studio, ed è un problema molto italiano: troppa storia (si fa storia di tutto: arte, filosofia, religioni e tante discipline ancora – ha ribadito più di un intervento – e a fronte di ciò, aggiungiamo scrivendo queste note, si studia inadeguatamente il metodo storico), e troppo poca geografia. In un mondo un cambiamento continuo, non fosse che per lo spostarsi delle persone, sarebbe utile invece irrobustirne lo studio, anche in riferimento alle fedi. Pensiamo a quanto pesi la religione sulla geopolitica, non solo in tempi di guerre!
Marco Fraschia, al Collegio valdese da studente, poi docente e anche preside, curando oggi proprio l’insegnamento della Storia delle religioni, ha ripercorso l’itinerario che ha visto l’istituto passare dall’epoca del culto “del lunedì” a quella dell’insegnamento della storia delle religioni, a partire dall’antichità. L’operazione era stata avviata negli anni ’90 dall’allora preside Elio Canale, che dovette inventarsi in prima persona delle “dispense”, causa la carenza di testi pensati a un liceo. Non mancavano invece film legati alle religioni, che costituivano un prezioso materiale di supporto, e che sono la prova del carattere diffuso delle culture religiose.
L’ausilio di strumenti di supporto alla didattica è stato ripreso da Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia, che in collegamento ha chiarito come l’Irc, all’apparenza un monolite di fronte a tutte le ipotesi alternative, in realtà sia molto meno organicamente organizzato: lasciato spesso all’inventiva dei singoli docenti, in molti casi è stato ed è uno spazio di confronto, volentieri su materie etiche (e forse l’Irc viene a riempire degli spazi lasciati vuoti dalla scuola e della Stato: che fine ha fatto l’Educazione civica?). Auspichiamo un ripensamento verso una soluzione più plurale, senza nulla da togliere ai cattolici – ha ancora detto Lafram.
Derio Olivero ha parlato in quanto vescovo di Pinerolo, diocesi da decenni laboratorio di ecumenismo, ma anche come presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, rifacendosi fra l’altro a un suo intervento pubblicato l’estate scorsa, in cui segnalava la necessità di un “passo indietro” da parte cattolica in materia di insegnamento della religione, proprio prendendo atto del pluralismo del panorama delle fedi e nella necessità di un «insegnamento che riconosca e includa le altre confessioni» [Rivista del Clero italiano, n. 7/8 del 2024]. Al di là della Commissione di cui è presidente – ha detto – la discussione all’interno della Chiesa cattolica è avviata.
In conclusione (e prima degli interventi da parte del pubblico, fra cui quelli di due insegnanti di Irc della zona: argomenti toccati, fra gli altri, la formazione degli insegnanti stessi e la religione nelle scuole primaria e dell’infanzia), Alessia Passarelli, preside del Liceo valdese, ha illustrato le possibili strade che in altri contesti europei vengono percorse, o sperimentate. Tre i modelli diffusi: uno confessionale (come quello italiano); uno che allarga lo sguardo alle varie religioni dal punto di vista innanzitutto storico; un terzo, che prevede di trattare le religioni in maniera trasversale, nelle varie materie, dalla letteratura alla storia dell’arte. I problemi però sono un po’ sempre gli stessi: quali religioni potrebbero avere accesso all’insegnamento (in Italia vigono i tre regimi: concordatario; chiese con Intesa e religioni per motivi diversi senza Intesa); come si reclutano gli insegnanti?
La strada è lunga, ma qualcosa si muove, innanzitutto nella consapevolezza del problema che, a ben vedere, fa parte del più ampio problema della perdita di centralità che le chiese hanno nella società. Uno sforzo comune servirebbe a tutti.