Scherzi della memoria. Julia Ward

La nuova rubrica di Riforma. Storia e fede in un appuntamento mensile

 

Il 27 maggio 1819 nasce a New York, da famiglia parte calvinista e parte episcopale, Julia Ward. Scrisse poesie e saggi letterari, ma la sua opera più nota (1862) è Battle Hymn of the Republic, adattamento di un inno del Risveglio. Tutti ricordano l’attacco solenne della strofa («I miei occhi han visto la gloria della venuta del Signore») ma soprattutto il ritornello Glory glory hallelujah.

 

Nel 1872 divenne direttrice del periodico suffragista Woman’s Journal. Qui pubblicò, sotto l’impressione della Guerra civile e della guerra franco-prussiana, l’Appello alle donne di tutto il mondo, un potente manifesto pacifista. Vi si legge tra l’altro: «Alzatevi, donne che avete cuore! (…) Dal profondo della Terra devastata sale una voce che echeggia la nostra. Essa dice: Disarmate, disarmate! La spada dell’assassinio non è la bilancia della giustizia. Il sangue non spazza via il disonore (…) Chiedo che un congresso generale delle donne di tutto il mondo sia stabilito per promuovere l’alleanza delle nazioni e la risoluzione amichevole delle controversie, nel grande e generale interesse della pace». L’appello proponeva la celebrazione, il 2 giugno di ogni anno, di una “Giornata delle Madri per la Pace”.

 

La richiesta cadde nel vuoto. Fu la metodista Anna Jarvis (la cui madre, Ann Reeves, aveva lavorato con Ward) a ottenere che dal 1914 in tutti gli Usa si celebrasse, ogni seconda domenica di maggio, il Mother’s Day, con la più generica motivazione di onorare il ruolo materno. Ben presto si ridusse a un’occasione per smerciare cioccolatini, biglietti d’auguri e garofani. Jarvis non la prese bene: nel 1948 fu arrestata per avere promosso una protesta contro la commercializzazione della giornata e dichiarò «Non vorrei mai avere dato vita alla festa, perché è andata fuori controllo». Così le radici pacifiste – e protestanti – della ricorrenza furono dimenticate.