
Come Gesù ci salva
Un giorno una parola – commento a I Pietro 2, 24
«In quei giorni, in quel tempo», dice il Signore, «si cercherà l’iniquità d’Israele, ma essa non sarà più, si cercheranno i peccatori di Giuda, ma non si troveranno; poiché io perdonerò a quelli che avrò lasciati come residuo»
Geremia 50, 20
Mediante le sue lividure siete stati guariti
I Pietro 2, 24
Gli uomini e le donne cristiane sono accomunati da una certezza: Gesù ci ha salvati, Gesù ha cambiato radicalmente la prospettiva di chi si affida a lui.
Però questa affermazione, pur ricca di spunti emotivi, può anche essere confusa nei suoi contenuti: come è avvenuto tutto questo?
Raccontando la Passione, gli evangeli non parlano di improbabili colpi di teatro dell’ultimo minuto: fin dai tempi più remoti i racconti evangelici ci ricordano che Gesù è morto veramente.
Anzi la specificità del Cristianesimo rispetto alle altre religioni è proprio questo – qui sta la differenza con l’Ebraismo e l’Islam.
Gesù è stato tradito da uno dei suoi, rinnegato da Pietro – colui che appariva il discepolo più convinto, al punto che Gesù gli ha dato un nome “roccioso”, inamovibile – abbandonato da tutti gli altri.
La vicenda di Gesù, a occhio umano, è stata una sconfitta umiliante anche sotto il punto di vista psicologico, nulla più.
Eppure, il primo cristianesimo ha interpretato questa sconfitta come un segno decisivo di fedeltà di Gesù al progetto di Dio. Lo ha fatto partendo dall’inizio, dalle fonti più antiche ed autorevoli, le profezie.
Il versetto di oggi tratto dalla I lettera di Pietro è appunto una citazione di Isaia 53, 5.
Interpretando l’Antico Testamento in modo inusuale, l’Evangelo risponde alla domanda iniziale, “come” Gesù ci salva.
Attraverso la sofferenza di Gesù, spirituale e fisica, che non è stata un incidente di percorso, bensì il modo in cui Dio si accosta a noi. Nel momento più basso immaginabile: dolore, disperazione, fisica e morale.
Dio si riconosce nei lati più duri dell’esistenza, per permetterci di accostarci a Lui nella gloria. Amen.