
La pace, dono dello Spirito
Un giorno una parola – commento a Giovanni 14, 27
In pace mi coricherò e in pace dormirò, perché tu solo, o Signore, mi fai abitare al sicuro
Salmo 4, 8
Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti
Giovanni 14, 27
“Pace”… parola magica: da miss Italia fino all’ultimo dittatore, tutti ne parlano. Ma non tutti con lo stesso tono, anzi: per qualcuno (pochi) pace è riconciliazione, per quasi tutti è vittoria – possibilmente assoluta – e sconfitta: generalmente la “pace” nasce da una relazione diseguale.
Nelle parole che Gesù usa scopriamo quanto egli fosse consapevole di questo ventaglio di significati.
La sua riflessione avviene in un momento particolare: l’annuncio del dono dello Spirito santo, il nostro “consolatore”, colui che ci ricorderà il messaggio di Gesù anche dopo la sua ascesa al cielo, colui che ci permetterà di renderlo tangibile, realizzabile.
Quale legame tra la Pentecoste e la visita della pace secondo Gesù, così diversa dalla visione abituale?
Se ci pensiamo la vicenda storica di Gesù, così cruenta, è avvenuta in un contesto particolarmente incline alla risoluzione violenta dei conflitti, spesso capace di usare Dio per giustificare guerre e motivare combattenti. Perché i cristiani non avrebbero potuto pensare di vendicare Gesù?
Almeno dal tempo dell’uccisione ad Alessandria d’Egitto della filosofa Ipazia da parte di cristiani ortodossi guidati da Cirillo (355-415), la reazione “cristiana” al dissenso è stata anche violenta: neppure il cristianesimo ha evitato le “guerre sante”, diffuse o locali.
Gesù richiede e propone una cosa completamente diversa: non pace che nasce dalla costrizione dell’altro e dell’altra, ma pace come dono dello Spirito, che attualizza sempre nuovamente il modo di essere di Gesù, il Messia crocefisso.
C’è da rimanere sgomenti, pronti come siamo, tutti e tutte, a parlare di pace e prepararci alla guerra.
Amen.