
Servire il Signore con tutto noi stessi
Un giorno una parola – commento a I Samuele 12, 20-21
Servite il Signore con tutto il vostro cuore; non ve ne allontanate, perché andreste dietro a cose vane, che non possono giovare né liberare, perché sono cose vane
I Samuele 12, 20-21
Non siate disavveduti, ma intendete bene quale sia la volontà del Signore
Efesini 5, 17
“Servite il Signore con tutto il vostro cuore”: cioè con tutti e tutte noi stesse, anteponendolo a tutte le vanità della nostra esistenza. Se abbiamo il cuore pieno dell’amore per il Signore, non riusciremo a stringerlo nell’egoismo, non potremo guardare le ingiustizie e restare indifferenti, non potremo amare di più il nostro gatto domestico che il senzatetto che dorme sotto casa.
Ma nel passo di I Samuele c’è ancora qualcosa di più, che poi ritroviamo anche nell’epistola agli Efesini: la volontà. Nel linguaggio dell’AT, infatti, il cuore non è la casa dei sentimenti, non è la parola che fa rima con amore nelle canzoni più sdolcinate, ma è il centro stesso della persona, il luogo dove si prendono le decisioni fondanti; la sede tanto dei sentimenti quanto delle funzioni intellettive e della volontà decisionale. Servire con tutto il cuore significa, dunque, servire con tutti se stessi, con l’amore e con la volontà, aderendo al piano di Dio intellettualmente, emotivamente, fisicamente.
Questo comando è ribadito anche dall’autore dell’epistola agli Efesini, che afferma che tutto il resto sono cose vane; dunque, se vogliamo essere avveduti, dobbiamo servire con tutti noi stessi il Signore.
Ma come fare? Nella quotidianità delle nostre esistenze abbiamo sempre mille altri pensieri, molti dei quali perfettamente leciti, come il lavoro, la famiglia, il futuro dei nostri figli, e queste preoccupazioni ci inducono spesso ad accantonare il nostro impegno per il Signore. Non andiamo al culto per stare in famiglia, se il nostro coniuge non è credente, non preghiamo quotidianamente perché siamo sopraffatti dalle cose da fare, non aiutiamo il nostro prossimo, perché ci sono quelli deputati a farlo e noi ci accontentiamo di dare qualche contributo economico. La vita concreta, quotidiana, con tutti i suoi affanni e priorità ci coinvolge totalmente: potremmo quasi affermare che noi “serviamo la nostra esistenza con tutti noi stessi”.
I passi di stamattina ci chiedono però di fermarci, di osservare da vicino le nostre scelte quotidiane e di interrogarci se davvero non abbiamo alternative. Non si tratta di vivere da anacoreti, di lasciare i nostri affetti, ma di affrontare la nostra quotidianità intendendo “bene quale sia la volontà del Signore”, cercando quindi di capirla e seguirla. Il che non ci impedirà di essere buoni genitori, lavoratori onesti ed impegnati, persone attive con il prossimo, ma darà un senso e una direzione al nostro agire nel suo complesso, restituendoci quella “avvedutezza” che, come dimostra chiaramente il mondo che ci circonda, abbiamo perso. Amen.