Sei tu il Cristo?

Un giorno una parola – commento a Marco 14, 61-62

 

A lui verranno, pieni di vergogna, quanti si erano adirati contro di lui

Isaia 54, 24

Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò e gli disse: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù disse: «Io sono; e vedrete il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo»

Marco 14, 61-62

 

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«Io sono». È una parola estremamente forte, quella che Gesù pronuncia di fronte al Sommo Sacerdote, perché ricorda l’episodio dell’Esodo in cui Dio stesso svela il suo nome davanti a Mosè. Ma è anche una parola piena di coraggio, perché viene pronunciata di fronte ad un tribunale che cercava soltanto una scusa per condannarlo a morte. Il Sinedrio voleva mantenere una parvenza di legalità in questo processo notturno e presentò dei (falsi) testimoni a supportare le accuse. Ad un certo punto, però, vista l’inefficacia delle testimonianze, il Sommo sacerdote Caiafa volle andare al sodo. Poteva essere irrilevante o irrealistico che un uomo immaginasse di distruggere materialmente il tempio; ma diventava estremamente pericoloso – e blasfemo – se quell’uomo pensava di abbattere la religiosità, il culto e quindi il sacerdozio, dichiarandosi il Figlio di Dio, portatore di quel Regno che è la fine di ogni regno umano, anche di quel regno tutto particolare che è la religione, quando diventa potere politico. Per questo, Caiafa chiede: «Sei tu il Cristo…?».

 

Gesù, che è rimasto in silenzio per tutto il tempo, ora risponde.

 

«Io sono», non è soltanto un «sì»; significa dire in faccia al Sommo Sacerdote che il suo tempo è terminato. «Io, dice Gesù, sono la fine della tua religiosità tutta esteriore, del tuo tempio, dei tuoi sacrifici, di ogni tuo potere».

 

Non sempre i cristiani lo hanno capito. Anzi, quando il cristianesimo ha acquistato potere, sono tornati i sacerdoti e con essi una visione gerarchica della Chiesa. Eppure, la Lettera agli Ebrei, che qualcuno ha definito “il quinto evangelo” perché, pur non raccontando la vita di Gesù, ne illustra il senso profondo, è una chiara arringa che afferma che Gesù è l’ultimo Sommo Sacerdote che annulla, con la sua croce, ogni altra forma di sacrificio e di sacerdozio.

 

«Io sono»: è l’ultima, suprema testimonianza che Gesù ha dato di se stesso e su di essa dobbiamo concentrarci, nella certezza che in lui, e in lui soltanto, abbiamo accesso al Padre e alla sua promessa di vita. Amen.

 

 

Immagine: Giotto, Gesù davanti a Caraffa (1303-1305 circa), Cappella degli Scrovegni (Padova)