La Corte europea dei diritti dell’uomo: «Legittimo vietare di indossare simboli religiosi visibili a scuola»
La Cedu interviene su un caso nelle scuole in Belgio
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che è legittimo vietare di indossare simboli religiosi visibili a scuola. Così i giudici danno ragione al sistema educativo della Fiandre, in Belgio, e dichiarano irricevibile il ricorso presentato a Strasburgo da tre studentesse musulmane.
Nella sua decisione nel caso Mikyas e altri c. Belgio (ricorso n. 50681/20) la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato, a maggioranza, il ricorso irricevibile. La decisione è definitiva.
Il caso riguardava tre giovani donne che si identificano come musulmane. Esse lamentavano di non poter indossare il velo islamico nelle loro scuole secondarie (eccetto durante le lezioni di educazione religiosa), a seguito del divieto di indossare qualsiasi simbolo visibile del proprio credo nel sistema educativo ufficiale della Comunità fiamminga.
La Corte ha precisato che la nozione di neutralità del sistema educativo comunitario, intesa come divieto generale di far indossare agli alunni simboli visibili delle proprie convinzioni, non è di per sé contraria all’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e ai valori su cui si fonda.
L’articolo 9 recita «1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei di riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
La Corte ha rilevato nel caso di specie che il divieto impugnato non riguardava unicamente il velo islamico, «ma si applicava indistintamente a tutti i simboli visibili del credo». Essa ha ritenuto che «le autorità nazionali avessero il diritto, tenuto conto del potere discrezionale (“margine di apprezzamento”) di cui godono, di prevedere che il sistema educativo della Comunità fiamminga fornisse un ambiente scolastico in cui gli alunni non indossassero simboli religiosi». La restrizione impugnata potrebbe quindi «ritenersi proporzionata allo scopo perseguito, vale a dire la tutela dei diritti e delle libertà altrui nonché dell’ordine pubblico, e pertanto “necessaria” “in una società democratica”».
«Ne consegue che la doglianza dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione era manifestamente infondata» recita il comunicato della Corte.
L’unica condizione che la Cedu pone per vietare simboli religiosi visibili nelle aule scolastiche è che venga applicata con «proporzionalità» ed escludendo le ore di insegnamento religioso.
Nelle Fiandre circa il 20% degli studenti è di religione musulmana ed il tema è dunque molto sentito.
La rete di scuole pubbliche della regione fiamminga del Belgio che ha implementato il divieto dei simboli religiosi nelle scuole ha affermato di averlo fatto per ridurre la “pressione” sulle ragazze di origine araba che potrebbero essere “escluse” per non voler indossare il velo.
La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, è l’organo giurisdizionale volto ad assicurare il rispetto della Cedu (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali)da parte degli Stati contraenti.