Pakistan. Difendere i diritti umani di donne e ragazze

L’appello degli esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite è a far rispettare le tutele legali esistenti contro i matrimoni precoci e le conversioni forzate

 

La scorsa settimana esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno invitato il Pakistan a far rispettare le tutele legali esistenti contro i matrimoni precoci e forzati, il rapimento e il traffico di ragazze appartenenti a minoranze religiose, e a rispettare gli obblighi internazionali del paese in materia di diritti umani.

 

In particolare, i relatori delle Procedure Speciali del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che è il più grande organismo di esperti indipendenti nel sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite, hanno chiesto al governo del Pakistan di aumentare a 18 anni l’età legale per il matrimonio delle ragazze come deterrente contro lo sfruttamento in un paese musulmano al 96%.

«L’esposizione di giovani donne e ragazze appartenenti a comunità religiose minoritarie a tali atroci violazioni dei diritti umani, e l’impunità di tali crimini, non possono più essere tollerate o giustificate», si legge in una dichiarazione resa nota a Ginevra.

 

Si esprime preoccupazione per il fatto che i matrimoni forzati e le conversioni religiose di ragazze appartenenti a fedi minoritarie, compreso il cristianesimo, siano stati «convalidati dai tribunali, spesso invocando la legge religiosa per giustificare il mantenimento delle vittime con i loro rapitori piuttosto che consentire loro di tornare dai loro genitori. (…) I perpetratori spesso sfuggono alle responsabilità, con la polizia che archivia i crimini con la giustificazione di “matrimoni d’amore”».

 

Gli esperti delle Nazioni Unite sottolineano che i matrimoni precoci e forzati non possono essere giustificati su basi religiose o culturali. Secondo il diritto internazionale, infatti, il consenso è irrilevante quando la vittima è un minore di età inferiore ai 18 anni. Attualmente il Sindh è l’unica provincia del Pakistan dove l’età legale per il matrimonio sia per le ragazze che per i ragazzi è di 18 anni, mentre nel Punjab, nel Khyber Pakhtunkhwa e nel Belucistan, l’età minima per le ragazze è ancora 16 anni.

 

«Il diritto di una donna di scegliere un coniuge e di contrarre liberamente il matrimonio è fondamentale per la sua vita, dignità e uguaglianza come essere umano e deve essere protetto e sostenuto dalla legge», hanno affermato gli esperti. È stata inoltre sottolineata la necessità di disposizioni legali volte a invalidare, annullare o sciogliere i matrimoni contratti da donne e ragazze sotto costrizione, e a garantire l’accesso alla giustizia, ai risarcimenti, alla protezione e all’assistenza adeguata per le vittime.

 

Gli attivisti dei diritti umani hanno anche affermato che, nonostante il diritto dei bambini alla libertà di pensiero, coscienza e religione in conformità con l’articolo 14 della Convenzione sui diritti dell’infanzia, il cambiamento di religione o credo in ogni circostanza deve essere libero, senza coercizione e incentivi indebiti. Secondo i dati raccolti le ragazze cristiane e indù rimangono particolarmente vulnerabili alle conversioni religiose forzate, ai rapimenti, alla tratta, ai matrimoni precoci e forzati, alla servitù domestica e alla violenza sessuale.

 

Del gruppo facevano parte la relatrice speciale sulla libertà di religione e di credo Nazila Ghanea; il relatore speciale sulle questioni relative alle minoranze Nicolas Levrat; Il relatore speciale sulla tratta di esseri umani Siobhan Mullally e il relatore speciale sulle forme contemporanee di schiavitù Tomoya Obokata. Agli esperti si sono uniti anche la presidente del gruppo di lavoro sulla discriminazione contro le donne e le ragazze, Dorothy Estrada Tanck, e i membri del gruppo di lavoro – Claudia Flores, Ivana Krstic, Haina Lu e Laura Nyirinkindi.

Come l’anno precedente il Pakistan si è classificato al settimo posto nella World Watch List 2024 di Open Doors che stabilisce i luoghi più difficili in cui essere cristiani.