Il luogo in cui Dio ci parla

Un giorno una parola – commento a Genesi 35, 15

 

Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato

Genesi 35, 15

Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, visto il terremoto e le cose avvenute, furono presi da grande spavento e dissero: «Veramente, costui era il Figlio di Dio»

Matteo 27, 54

Dove è, il posto dove Dio ti ha parlato? Come chiami il posto dove Dio ti ha benedetto, permettendoti di renderti conto che fai parte del Suo pensiero, che Lui si preoccupa per te al punto di voler dare un senso proprio alla tua vita?

Giacobbe, quel posto, lo chiama Bet-el – casa di Dio. Un posto da dove si riparte per quel lungo cammino, fatto di sfide, cadute e risalite a volte inaspettate, che è la vita di chi un giorno si ritrova credente.

Betel è un luogo di accadimenti, e di cambi repentini: Giacobbe c’era già stato, e vi aveva combattuto una notte intera con quel Dio che voleva entrare nella sua vita, ricevendone un nuovo nome, ed un segno che sarebbe diventato parte integrante della sua identità.

Villaggio cananeo, poi di Samaria, oggi nella traballante Cisgiordania, Betel è un luogo sacro – ma Osea deve chiamarla Bet-aven “casa degli idoli”, perché lì era stato messo il vitello d’oro, segno della stupida decisione umana di confidare nelle proprie vie fatte di malvagità, iniquità, menzogna.

Sfide, cadute, e risalite. Rese possibili solo dall’intervento della voce di Dio che ti chiama – proprio mentre le stai resistendo e, come un terremoto, l’amore incondizionato che Egli ha deciso di avere per te si rivela dichiarazione fatta di carne e sangue.

Betel non è un luogo, ma un posto dell’anima, il posto della nostra storia con Dio.

Dove le povere pietre di promesse, pentimenti e voglia di ricominciare bene che possiamo impilare con le nostre ancor più povere forze diventano il dialogo con Lui, nostro solo aiuto e nostra sola salvezza. Amen.

 

Immagine: Wikimedia Commons