Laici credenti nel mondo

Il 17 febbraio ha ricordato una delle caratteristiche storiche della minoranza valdese: essere una comunità impegnata nella società

 

Una comunità che si stringe attorno alle proprie tradizioni. Che non sono però ricordo sterile, ma motore per continuare ad agire nel mondo, continuare a chiedere pace, diritti e libertà per chi oggi soffre. I fuochi del 16 febbraio, che dal 1848 anticipano quel 17 febbraio in cui re Carlo Alberto concesse diritti civili e politici alla Chiesa valdese, simbolo di libertà acquisite, siano dunque «luce per illuminare le troppe parti del mondo che quelle libertà le anela», ha ricordato la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta nel corso del partecipato falò di Torre Pellice (To).

 

«Una libertà responsabile», come ha raccontato il pastore Eugenio Bernardini nella mattinata di venerdì all’incontro «Un nuovo XVII Febbraio a 850 anni dalla nascita del movimento valdese e a quaranta dall’Intesa con lo Stato italiano» al Circolo dei Lettori di Torino, «una libertà costruita e sostenuta da uno spirito critico che ha consentito all’“eresia” valdese di sopravvivere al genocidio medioevale e giungere fino ai giorni nostri, caso unico».

 

L’incontro di formazione rivolto in particolare ai giornalisti e moderato dal nostro collega Gian Mario Gillio, ha fornito un inquadramento storico, giuridico-politico, deontologico, culturale con l’apporto, oltre che di Trotta e Bernardini, della storica Debora Michelin Salomon, della giornalista Emmanuela Banfo e del vignettista e saggista Mauro Biani in videocollegamento.

 

Parole ricorrenti, ormai inserite quasi automaticamente nei discorsi sui (dei) valdesi, quasi un “marchio di fabbrica”, sono state appunto laicità, libertà, pluralismo. Ma anche responsabilità, accostata in questo caso, visto l’uditorio, alla questione del linguaggio. È stata infatti ricordata da Banfo la funzione di pubblica utilità, quindi sociale, del giornalismo, per contrastare stereotipi, atteggiamenti superficiali, ignoranza, ma anche violenza e imbarbarimento (Biani). Una situazione ancora più grave è quella legata al fatto religioso, nel nostro Paese spesso delegato agli “specialisti”: manca una conoscenza diffusa, ed esiste, è stato ricordato, un “sommerso religioso” poco controllato e conosciuto, che mescola credenze e prassi diverse.

 

Ricorrente nei vari interventi è stato anche il concetto di “servizio reso al prossimo”, nella cui ottica vanno lette le Intese con lo Stato italiano (in attuazione del comma III dell’art. 8 della Costituzione) o la gestione dell’otto per mille, come ricordato dalla moderatora Trotta: “prossimo” nel senso di società civile, e quindi l’impegno nella società che da sempre caratterizza i valdesi, a partire dagli artigiani medievali giunti nel sud Italia (rievocati da Bernardini, stuzzicando l’uditorio sulla lettura della nuova Storia dei valdesi), rendendo possibile quel binomio “laici credenti”, così difficile da comprendere nel nostro Paese, come ricordato ancora dalla moderatora.

 

Legato a quest’ultimo concetto anche un altro tema affrontato, quello di spirito critico, dal punto di vista dell’evoluzione storica oltre che della situazione attuale, capovolgendo anche alcuni luoghi comuni, come l’immagine di un Medioevo uniforme, immobile e autoritario: al contrario, il contesto in cui si è sviluppato il movimento riformatore avviato da Valdo di Lione era di grande fermento culturale e sociale, molto meno vittima del “pensiero unico” rispetto a oggi.

 

Ciò non ha impedito ovviamente scomuniche e persecuzioni, e qui emerge un altro concetto chiave: resilienza, cioè la capacità di adattarsi al contesto, anche scendendo a compromessi e discutendo animatamente al proprio interno. Citati, a questo proposito, i dibattiti che hanno portato all’adesione alla Riforma, alla stesura delle Intese, all’accesso all’otto per mille…

Un percorso, un “duro lavoro”, non frutto di fortuna, sono le parole della moderatora, ha consentito di arrivare fino a oggi come comunità, che è quella realtà che non annulla ma esalta le caratteristiche e le capacità degli individui: una lezione importante nella società di oggi, iper individualista e fatta di grandi solitudini.

 

E proprio quella comunità è tornata protagonista nella serata, il momento della festa di popolo, con i fuochi sparsi a illuminare le colline delle valli. A Torre Pellice due fiaccolate si sono incontrate davanti al prato della Casa unionista, e fra canti e saluti si è riacceso quel fuoco che quasi due secoli fa servì per annunciare in fretta, più veloce di una lettera o di un messo, che buone notizie arrivavano dal capoluogo: i diritti civili e politici venivano finalmente riconosciuti, la comunità valdese poteva finalmente uscire dal ghetto alpino.

 

Accolti dal pastore della chiesa locale, Michel Charbonnier, che a sua volta ha ricordato che l’emancipazione ottenuta deve portarci «a non volgere lo sguardo per non vedere le tante sofferenze di oggi di cui un giorno ci verrà chiesto conto», sono poi seguiti gli interventi, del vescovo di Pinerolo Derio Olivero, presidente della commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, che ha portato i saluti della Cei, e delle autorità pubbliche, dal sindaco Marco Cogno, alla consigliera regionale Monica Canalis, e un messaggio del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, a sancire un legame con la sfera pubblica che si concretizza anche nell’Intesa di riconoscimento stipulata con lo Stato Italiano il 21 febbraio di 40 anni fa. Altra tappa chiave di una storia con radici profonde e radicate, come ricordano le celebrazioni per gli 850 anni del movimento valdese che hanno preso il via proprio a febbraio.

 

I culti nelle varie comunità il giorno successivo, 17 febbraio e domenica 18, hanno rinnovato da Nord a Sud quel ricordo di libertà.

 

Foto di Federico Tisa