I battisti nel cuore della guerra tra Israele e Hamas

L’impegno delle chiese battiste nei territori devastati dal conflitto in corso a favore dei più vulnerabili. L’appello a continuare a pregare per la pace

Bader Mansour, responsabile dello sviluppo dell’Associazione delle Chiese battiste in Israele (ABC), ha affermato in una sua recente comunicazione che le ultime settimane «sono state incredibilmente impegnative». La ABC ha istituito un fondo di soccorso per assistere le persone colpite dalla guerra. Le risorse vengono distribuite attraverso i pastori e le chiese membro, e in collaborazione con i ministeri partner che operano in aree ristrette. «Preghiamo sinceramente che un miracolo fermi il conflitto in corso, insieme all’appello alla speranza per un futuro migliore per tutti i residenti di Israele e dei territori palestinesi».

Munir Kakish – presidente del Consiglio delle Chiese evangeliche locali in Terra Santa, partner della Federazione battista europea che rappresenta 13 chiese nei territori palestinesi, inclusa la Chiesa battista di Gaza – è il direttore di RCO Ministries, già Ramallah Christian Outreach, che ha fondato la Casa della Nuova Vita, un ministero per i bambini vulnerabili della Cisgiordania e di Gaza, ed è pastore della Chiesa battista di Ramallah.

Nel suo ultimo aggiornamento via e-mail della RCO, Kakish ha scritto: «In mezzo a questa nebbia di guerra, questa nube molto oscura di notizie di inimicizia, odio, paura e morte che incombono nella nostra zona, dove è molto difficile distinguere le verità dalle bugie, voglio inviarvi una testimonianza della bontà di Dio verso di noi e della fedeltà di Dio nel proteggerci. Non diamo mai per scontata la protezione e la provvidenza di Dio. Siamo così grati per ogni nuova mattina che porta nuove misericordie».

Kakish ha aggiunto che l’aiuto dei sostenitori «permette alle nostre strutture di continuare ad essere aperte in questo momento molto difficile, fornendo un luogo in cui il popolo di Dio possa continuare a riunirsi nel suo nome per pregare e adorare; un luogo dove viene predicata la Parola di Dio e dove possiamo mostrare concretamente l’amore di Cristo estendendo il vostro aiuto alle famiglie bisognose». Tuttavia, è profondamente consapevole che «bisogni molto più grandi si trovano a poche miglia da noi (a Gaza), dove nessuno se non le mani del Signore possono giungere per salvare e sostenere ciò che sta morendo proprio ora, a causa della guerra. Confidiamo, che Egli sia più che capace di raggiungere e compiere qualsiasi opera necessaria di guarigione/resurrezione nei cuori umani!».

La Gaza Baptist Church è una delle sole tre chiese di Gaza e l’unica chiesa protestante. Ha sede a Gaza City, nel nord del paese, ed è vulnerabile a causa della sua vicinanza alla principale stazione di polizia che può essere un potenziale obiettivo. Le famiglie cristiane di Gaza sono state costrette a lasciare le loro case e hanno cercato rifugio presso la Chiesa greco-ortodossa di San Porfirio e la Chiesa cattolica della Sacra Famiglia.

Il giornale Christianity Today ha riferito della situazione di Hanna Maher, pastore della chiesa battista di Gaza dal 2012 al 2020, di sua moglie e dei suoi tre figli. Maher è bloccato in Egitto, raggiunto per cercare collaborazioni con altre confessioni prima della guerra, e ora non può tornare; mentre la moglie Janet e i loro figli sono intrappolati a Gaza, rifugiati nella chiesa ortodossa di San Porfirio insieme a diverse centinaia di altre persone.

Un altro ex pastore della Chiesa battista di Gaza, Hanna Massad, ha perso sua zia Elaine Tarazi nella stessa esplosione del 19 ottobre. In un messaggio condiviso con la Federazione battista europea (Ebf), Massad ha detto: «È un momento doloroso e straziante per tutti noi». Attualmente Hanna Massad guida la Missione Cristiana a Gaza, che fornisce sostegno pratico e spirituale ai cristiani perseguitati, ai rifugiati, agli orfani e alle vedove a Gaza.
Il presidente del Nazareth Evangelical College, Azar Ajaj, ha sottolineato le crescenti tensioni sociali ed economiche. «L’intero paese e la regione stanno attraversando un momento estremamente difficile», ha scritto. «Non solo la situazione politica è molto dolorosa, ma anche la situazione sociale è incredibilmente tesa. La situazione economica sta peggiorando sempre di più. Il valore dello Shekel (la valuta ufficiale di Israele) sta diminuendo poiché il prezzo dei beni di prima necessità sta diventando sempre più caro. In tempi così bui e dolorosi, abbiamo bisogno di leader cristiani che cerchino di condividere la speranza del Vangelo. Abbiamo bisogno di uomini e donne che siano operatori di pace, seguaci di Cristo che costruiscano ponti di amore con il prossimo».

In un altro messaggio inviato ad ottobre, il Nazareth Evangelical College – fondato dall’Associazione delle Chiese battiste, dal Bethlehem Bible College e dalla Convenzione delle Chiese evangeliche in Israele – ha sottolineato il suo ruolo nella formazione degli operatori di pace. Nel messaggio si legge: «Negli ultimi giorni il nostro Paese ha attraversato un momento molto difficile: centinaia di persone sono state uccise, migliaia sono rimaste ferite e molte altre sono state sfollate dalle loro case. Le persone a Gaza e in Israele continuano a soffrire, odiare e cercare vendetta. In questa atmosfera noi del Nazareth Evangelical College insistiamo sul Vangelo e sull’insegnare ai nostri studenti a creare un futuro migliore sia per i palestinesi che per gli ebrei. Un futuro segnato da dignità, misericordia, giustizia, pace e amore».