Avere redenzione e perdono per l’opera della grazia

Un giorno una parola – commento a Efesini 1, 7

Ascolta la meditazione:

O Dio, tu conosci la mia stoltezza, e le mie colpe non ti sono nascoste
Salmo 69, 5

In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia
Efesini 1, 7

L’Apostolo Paolo qui ricorda il centro della fede cristiana: la redenzione e il perdono dei peccati non per le nostre opere, sempre imperfette e fallibili – perché imperfetta e fallibile è la nostra condizione umana, per quanto ci sforziamo di non sbagliare, di seguire la via del bene – ma per “le ricchezze della sua grazia”, dovute al sangue di Cristo, che ha dato la sua vita per noi.
Sappiamo che questa concezione della “salvezza per grazia” produsse il capovolgimento della teologia di Lutero, e il cambiamento della sua vita: egli era un monaco devoto, che studiava e meditava le Scritture, si mortificava in penitenze, senza mai raggiungere la perfezione che desiderava con tutte le sue forze, cercando di attuare alla lettera l’ammonimento di Gesù “Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt. 5, 48). La condizione umana è costituzionalmente imperfetta: come il corpo è sottoposto al decadimento, alla malattia, alla morte, anche la mente e l’animo sono percorsi dalla negatività – ce lo insegna la psicologia, la psicoanalisi –: pensieri, sentimenti, desideri, ira, violenza, tutti noi sappiamo di poter essere attraversati e condizionati da impulsi negativi. Ma fu la meditazione del versetto del profeta Abacuc: “Egli è pieno d’orgoglio, non agisce rettamente; ma il giusto per la sua fede vivrà” (2, 4), che costituì come una folgorazione, una radicale scoperta: il “giusto”, cioè il credente perdonato per grazia, potrà vivere, operare e continuare ad essere nella via tracciata dal Signore, seguendola per fede, nonostante l’imperfezione della sua natura umana e la fallibilità delle sue opere. È l’orgoglio che ci porta a sbagliare, ritenendo di farcela con le nostre forze: solo “affidandoci” compiutamente, consci della nostra miseria, all’insondabile mistero della grazia, “che egli ha riversato abbondantemente su di noi” (1, 9), potremo avere redenzione e perdono “facendoci conoscere il mistero della sua volontà” (1, 10). Amen.