Preoccupazioni etiche sull’intelligenza artificiale

In una lettera aperta i leader cristiani nel campo della scienza, della tecnologia e della teologia invitano le chiese a partecipare al dibattito nazionale e internazionale 

Leader cristiani nel campo della scienza, della tecnologia e della teologia hanno inviato una lettera aperta nella quale si invitano le comunità di fede e di credo del Regno Unito a partecipare alla discussione nazionale e internazionale sull’intelligenza artificiale.

La lettera, inviata a Michelle Donelan, segretaria di Stato per la scienza, l’innovazione e la tecnologia, è stata firmata tra gli altri da Graham Budd, direttore esecutivo del Faraday Institute for Science and Religion, dal pastore Philip McCormack, preside del Centro di teologia digitale allo Spurgeon’s College di Londra, e da Nathan Mladin, ricercatore senior presso il think tank Theos.

I firmatari sono tra i 30 leader di religiosi che hanno preso parte a un incontro sostenuto dal Forum per la Pace di Abu Dhabi e dalla Pontificia Accademia per la Vita del Vaticano, che si è svolto la scorsa settimana prima del vertice sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale del Regno Unito, ed è stato presieduto dall’ex ministro degli Interni Sajid Javid.

In un prossimo incontro previsto per dicembre, il gruppo presenterà una nuova Commissione sull’intelligenza artificiale per la fede e la società civile con sede nel Regno Unito «con l’obiettivo di sfruttare le opportunità dell’intelligenza artificiale per la crescita umana proteggendo al contempo le comunità da potenziali danni».

Scrivendo a Donelan prima del vertice, i leader religiosi hanno affermato che le comunità di fede, insieme alla società civile, hanno un ruolo importante da svolgere nel contribuire a sviluppare un quadro etico per l’IA.
Hanno avvertito che le implicazioni dell’intelligenza artificiale sollevano «importanti questioni etiche e probabilmente esistenziali che richiedono la nostra attenzione collettiva», e che esiste «chiaramente il rischio… che gli interessi commerciali ed economici a breve termine superino le preoccupazioni sociali ed etiche a lungo termine, qualora non si trovi il modo di coinvolgere un’ampia gamma di prospettive religiose e culturali».

Inoltre, ammettendo di «non essere probabilmente esperti di intelligenza artificiale», sostengono tuttavia che è “imperativo” che «l’insieme variegato di preoccupazioni, punti di vista e raccomandazioni» dei leader religiosi e della società civile «vengano tenuti in debita considerazione».
«È nostra convinzione condivisa – hanno affermato – che, oltre a colmare il divario tra gli esperti tecnologici e il pubblico più ampio, le organizzazioni religiose e della società civile fungono da soggetti critici di controllo che responsabilizzano sia gli sviluppatori di intelligenza artificiale che i politici. (…) Abbiamo anche discusso di come la fede o le convinzioni personali e i gruppi della società civile siano spesso i primi a identificare i danni che possono colpire comunità specifiche».

La lettera formula una serie di raccomandazioni, tra cui un appello a garantire la responsabilità e lo sviluppo di linee guida etiche, nonché sforzi per «colmare il divario nell’alfabetizzazione dell’intelligenza artificiale».
«C’è una mancanza di alfabetizzazione in materia di intelligenza artificiale in tutti i settori della società civile e soprattutto tra le comunità di fede o di credo», scrivono. «Questo deve essere riconosciuto e affrontato con urgenza per evitare di ampliare il divario tecnologico e preservare il diritto delle persone a fare scelte informate sui rischi dell’IA».