La Diaconia valdese e l’agricoltura sociale

È in distribuzione il numero di novembre del mensile free press con un dossier dedicato all’agricoltura sociale

È in distribuzione in tutto il territorio del pinerolese nell’area sud della provincia di Torino (lo trovate in centinaia di luoghi pubblici, dalle biblioteche ai negozi) il numero di novembre del mensile free press L’Eco delle valli valdesi che potete leggere integralmente anche dal nostro sito, dalla home page di di www.riforma.it. Il dossier di questo mese è dedicato all’agricoltura sociale e ai suoi tanti campi di applicazione. In questo articolo Paola Paschetto della Diaconia valdese racconta l’impegno dell’ente in questo ambito.

«Il nostro è un percorso iniziato ormai da alcuni anni – ci spiega Paola Paschetto, responsabile del Servizio Adulti e Territorio – che si è evoluto e vuole diventare un modello per il Pinerolese tutto». L’agricoltura sociale è presente nel mondo della Diaconia valdese sotto diversi aspetti e forme. «Abbiamo iniziato diversi anni fa con alcuni progetti di start-up per i giovani, fra cui vale la pena ricordare la Cascina sociale Carlo Alberto a Luserna San Giovanni e quella dedicata all’apicoltura nata a San Germano Chisone – ci spiega Paschetto –. In seguito abbiamo aperto a Pinerolo “Cose Buone”, che è stato con il progetto Cibo civile un modo per gettare le basi sugli sviluppi futuri dell’agricoltura sociale».

Il progetto che però ha incarnato maggiormente lo spirito dell’attività è quello legato al Foyer di Angrogna… «Nella piccola struttura situata al Serre, della chiesa valdese locale, dopo aver cambiato destinazione d’uso, abbiamo attivato una serie di iniziative collaborando con molti partner del territorio e istituzionali». A seguire sono sbocciate molte altre iniziative: dal già citato Cibo civile alla promozione della salute, allo scambio di semi. Lavorare insieme non è sempre però facile… «Certo – riprende Paschetto –, è faticoso ma è molto utile. Abbiamo oggi una rete molto ramificata per questo tipo di attività: Asl, Ciss, Coldiretti, le aziende agricole del territorio… abbiamo creato una mescolanza, una contaminazione di linguaggi e ogni attore ha portato il suo sapere. Anche all’interno delle attività agricole stesse ogni beneficiario ha partecipato secondo il suo sentire: chi si è “sporcato” le mani, mungendo vacche finte, raccogliendo fragole, preparando gli orti sociali, oppure fotografando le attività o facendo attività in ambito culinario. Lavorando con aziende agricole medio-piccole poi abbiamo avuto la possibilità di lavorare con ritmi più umani, di ritagliarci dei momenti di comunità e di ricostruire il ruolo della persona, di dare loro una visibilità dopo che per anni sono stati “trasparenti”».

E il futuro che cosa ci riserva? «Siamo ottimisti per lo sviluppo di questo ambito a cui teniamo molto – conclude Paschetto – e i dati ci fanno ben sperare. Per esempio dalle prime tre aziende coinvolte oggi siamo arrivati a sei. L’obiettivo è quello di creare un modello di agricoltura sociale, attuando un tavolo di lavoro che coinvolga oltre alla Diaconia, anche l’Asl, il Ciss, Coldiretti, le aziende agricole e il Gal».