Pensare la chiesa di domani
Al via domani 13 ottobre l’importante convegno dedicato all’ecclesiologia battista
Che cosa è la chiesa? La domanda che si riaffaccia alla nostra attenzione, nell’imminenza del Convegno sull’ecclesiologia battista (Ciampino, 13-15 ottobre), rimanda al precedente convegno del 1983. «Si trattava allora – dice Alessandro Spanu, pastore del team pastorale dell’area torinese e membro del Comitato esecutivo dell’Unione cristiana evangelica battista in Italia (Ucebi) – di istituire la relazione tra l’autonomia delle singole chiese e l’Unione, con lo strumento del Piano di cooperazione, in vista di una missione comune. Oggi una realtà modificata, dalla pandemia e dall’uso dei mezzi digitali, ci pone di fronte a una trasformazione del corpo della chiesa: le chiese sono diventate più piccole e fragili. Se gli elementi caratteristici di una chiesa battista (il battesimo per immersione delle persone credenti e la Chiesa come evento provocato dal Signore, laddove due o tre sono riuniti nel nome di Cristo), che cosa accade a una chiesa dove quei due o tre non sono più riuniti fisicamente nello stesso luogo?». O, per dirla con le parole del dossier preparatorio al Convegno, «qual è la qualità del legame con una chiesa che in parte è una comunità fisica ma che può essere anche (…) una comunità digitale?».
Come è mutata, o sta mutando, dunque, la percezione della chiesa? Stefano Meloni, membro della chiesa battista di Cagliari e del Ce/Ucebi, dice che dobbiamo chiederci: «Che cosa sono stati questi ultimi 40 anni per le chiese battiste in Italia? Quali esiti sono scaturiti da quel convegno? E i grandi eventi della Storia, così come i fenomeni più recenti, penso alle migrazioni e alla pandemia in particolare, che impatto hanno avuto sulle nostre comunità locali e sull’Unione Battista tutta? Due elementi essenziali hanno guidato il Ce alla definizione dei lavori: in prima battuta il metodo, chiamando le chiese a esserci fisicamente, allargando quanto più possibile la platea dei contributi teologici, culturali, di memoria storica, di sviluppo evangelistico e organizzando i lavori di gruppo, che desideriamo strutturare con grande cura perché siano luoghi di confronto e dibattito sereno, non giudicante e realmente inclusivo; e poi la determinazione dei temi in discussione. In osservanza al mandato assembleare 2022, che rilevava la necessità di aprire una riflessione sull’assetto organizzativo dell’Unione, abbiamo ritenuto necessario allargare lo spettro della discussione comune. Ecco perché partiamo dalla domanda sul chi siamo oggi, chiamati a leggere quali siano le sfide più urgenti che ci stanno davanti, ci chiediamo quale sia il modo più efficace per curvare l’uso dei mezzi social e multimedia all’annuncio evangelico e alla costruzione di una relazione comunitaria che possa dirsi chiesa; infine ci poniamo la domanda, sempre attuale e urgente, di quale sia l’architettura dell’Unione battista italiana che renda sostenibile e credibile la nostra presenza sul territorio nazionale».
– Quale seguito avrà il convegno?
«Il convegno, che non ha una funzione deliberativa – riprende Meloni – segna un punto di partenza per la riflessione collettiva che ci accompagnerà fino alla prossima Assemblea generale di ottobre 2024. Gli esiti delle discussioni e dei lavori di gruppo, gli stimoli ricevuti, il corpus delle relazioni trasmesse in diretta per allargare il più possibile la platea dei fratelli e delle sorelle in ascolto, i documenti offerti ai partecipanti, il pathos del riconoscersi parte attiva di un percorso di fede individuale e collettivo, tutto questo costruisce una trama, un terreno fertile, su cui costruire il seguito di questo appuntamento con una diffusione tempestiva degli atti, con l’utilizzo sistematico degli strumenti social per estendere quanto più possibile alle chiese locali questo percorso di riflessione sul presente e sul futuro dell’Unione».
– Quale contributo potrà dare il Convegno alle altre chiese evangeliche?
«Il rapporto fra le chiese battiste, metodiste e valdesi e quello con la Fcei sono ambiti ineludibili per disegnare la presenza dell’evangelismo italiano e farlo in maniera il più possibile condivisa. Allo stesso tempo sono fermamente convinto che l’assetto organizzativo e ordinamentale dell’Ucebi sia sostenibile, a patto di rinforzare la comunicazione, il dialogo e la cooperazione tra le chiese, la formazione di ministri e ministre non solo pastorali, la riflessione teologica e la memoria storica. Questa specifica esperienza, questo filo che può legare le comunità locali facendole diventare una Unione di chiese, è il contributo che il Battismo italiano ha dato alla presenza evangelica in Italia negli ultimi 160 anni, contributo che cammina al fianco delle altre chiese evangeliche, riconoscendole sorelle nella fede e nella testimonianza al Signore di tutte e di tutti».
Alcuni temi forti, dunque, percorreranno i lavori del Convegno: che cosa rimane del il Piano di cooperazione come elemento visibile del Patto di solidarietà con cui le chiese si univano?; come è cambiata la comprensione che abbiamo della chiesa? di quali ministre e ministre hanno bisogno oggi le chiese locali? «Non possiamo prescindere – conclude il pastore Spanu – da quanto diceva il pastore Domenico Tomasetto nel 1983: il benessere della chiesa dipende dalla dialettica tra la sua organizzazione e “l’accadimento sempre nuovo dello Spirito Santo”. “Vivere questa dialettica – diceva Tomasetto –, in una costante e sempre rinnovata fedeltà all’unico Signore nel mutare dei tempi, è il miglior orientamento che possiamo ricavare dal Nuovo Testamento per le chiese di oggi”».