L’amore viscerale di Dio per l’umanità

Un giorno una parola – commento a Osea 11, 8

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Il mio cuore si commuove tutto dentro di me, tutte le mie compassioni si accendono. Io non sfogherò la mia ira ardente, perché sono Dio, e non un uomo, sono il Santo in mezzo a te

Osea 11, 8

Io non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo

Giovanni 12, 47

S’è accennato nella meditazione di ieri al fatto che la Bibbia propone per parlare di Dio immagini e similitudini che rimandano alla comune esperienza che tutti e tutte condividono e che, perciò, tutti e tutte possono capire. Il sentimento di pietà, di compassione, la commozione che Dio prova nei confronti del suo popolo sono descritti con gli accenti e i toni dei sentimenti di un padre, forse ancora più dell’amore di una madre nei confronti di un figlio. Possiamo definire questo amore viscerale: coinvolgendo il cuore e il ventre, si rivolge al figlio in modo incondizionato, anche se il figlio meriterebbe, piuttosto che tanto amore, una bella punizione. Chi è genitore non faticherà a comprendere quale e quanto sia l’amore di un genitore, in particolare di una madre, per un figlio, una figlia. 

È per questo amore che Dio trattiene la sua ira, che si scatenerebbe implacabile.
A questo punto il Signore rivendica di essere altro e oltre rispetto all’uomo: perché sono Dio, e non un uomo

La misericordia di Dio viene presentata ricorrendo all’immagine dell’amore, tutto umano, di un genitore, forse di una madre, per il figlio, la figlia, la forza di frenare la propria ira appare, piuttosto, come prerogativa di Dio: perdonare è qualcosa che il Signore fa, superando e andando oltre ciò che per l’uomo sarebbe giustizia, in particolare quando si tratti delle colpe altrui, che ogni essere umano vede molto meglio delle proprie.

Come l’idea di distanza viene subito superata proclamando una vicinanza, sono il Santo in mezzo a te, così è in Cristo che quella vicinanza, rappresentata dalla presenza di Dio nel Tempio, diventa condivisione totale del destino dell’uomo fino all’amara esperienza della morte. Gesù, mandato dal Padre, viene non per giudicare e conseguentemente per condannare il mondo, ma per salvarlo.

Quella di Cristo con l’umanità è una prossimità libera da ogni giudizio di condanna, che non è mai, tuttavia, complicità, connivenza o condiscendenza con il male.
Il figlio si dà per il mondo, che al di là di ogni merito è salvo dall’ira, che sarebbe pur meritata, per nessun’altra ragione che per l’amore di Dio per l’uomo, opera delle sue mani, un amore nel contempo tanto diverso e così simile a quello di un padre o, forse meglio, di una madre per un figlio che si ama incondizionatamente. Così ama Dio. Amen.