Dio manifesterà la sua gloria per mezzo della nostra debolezza

Un giorno una parola – commento a Isaia 49, 3

Il Signore mi ha detto: «Tu sei il mio servo, Israele,
per mezzo di te io manifesterò la mia gloria»

Isaia 49, 3

Questa è la parola che egli ha diretta ai figli d’Israele, portando il lieto messaggio di pace per mezzo di Gesù Cristo. Egli è il Signore di tutti

Atti degli apostoli 10, 36

Non dirlo, Signore. Potresti pentirtene. Per mezzo di noi manifesterai la tua gloria? Ma non vedi come ci siamo ridotti! Nessuna gloria risplende grazie a noi. A volte, infamie, piuttosto. Più spesso insignificanza. Proprio il contrario di quella gloria, che dà peso e significato al vissuto. Le nostre chiese sono disertate, i pulpiti muti. Non siamo soggetti di attrazione per altri. Parliamo un linguaggio che è moneta fuori corso. Facciamo gesti che non sono segni. Viviamo esperienze comunitarie che appaiono ai più come assemblee di condominio. Ti faccio ridere, Signore? Sto esagerando? In parte sì, lo ammetto. In questo nostro tempo parlare delle chiese è come sparare sulla croce rossa. Lo spirito di questo nostro tempo non gioca a nostro favore e anch’io ne sono succube. Prevalgono il lamento e lo sconforto. Altro che gloria! Tu, però, quelle parole le hai dette e continui a ribadirle. Ammetto di non capirle. Per quanto sappia che Tu non frantumi la canna incrinata e non spegni la poca luce fumante, sento che ci manca il futuro sotto i piedi, in questo presente incerto. Solo il passato ci appare un po’ più chiaro, alla luce di quanto stiamo vivendo: abbiamo concepito, abbiamo persino sentito le doglie ma non abbiamo partorito salvezza, non siamo riusciti a testimoniare l’evangelo. 

Uno strano pensiero fa capolino tra queste considerazioni afflitte dalla depressione: e se Tu, Dio, volessi servirti proprio di questa debolezza per manifestare la tua gloria? O meglio, perché non suoni come l’ennesima giustificazione: e se Tu, Dio, avessi bisogno della nostra confessione di peccato per rivelare la tua gloria? Non è che proprio questa nostra debolezza colpevole potrebbe prestarsi ad essere “suolo sacro” per la tua rivelazione? Continuo a non comprendere questa tua parola. Ma la ricevo, in quanto tua. E allora mi tolgo i calzari dai piedi e mi dispongo ad ascoltare quanto vorrai dirmi, al di là delle mie preoccupazioni di bottega, mosso solo dal desiderio di guardare a questo tuo strano fuoco, che si accende in mezzo alle spine; e, a dispetto di tutto, non si consuma. Amen.