istock-1393651004

Stati d’anim(a)

Protestinfo, l’agenzia stampa delle chiese riformate della Svizzera francofona, particolarmente attenta ai temi etici, sociali e spirituali legati al mondo delle chiese, dedica il suo approfondimento estivo a tre “stati d’animo(a)” (in italiano il gioco di parole sulla doppia valenza della parola non funziona), interrogando i suoi lettori su tre temi tipici del XXI secolo: le questioni poste dall’intelligenza artificiale, il dibattito sull’antispecismo (e sul riconoscimento di una “vita interiore” degli animali non umani), l’importanza sempre più riconosciuta della spiritualità all’interno delle relazioni di cura.

I tre articoli sono comparsi a cavallo tra giugno e luglio e si possono leggere come dossier sul sito di Réformés a questo link (https://www.réformés.ch/dossier/2023/07/etats-dame-ame-spiritualite-intelligence-artificielle-animaux-soins-aumonerie).

Nel primo articolo, di Anne-Sylvie Sprenger, intitolato provocatoriamente “I robot avranno presto un’anima?”, si esplora il tema intervistando Ezekiel Kwetchi Takam, dottorando in Etica teologica all’Università di Ginevra, specializzato proprio nelle sfide poste dall’IA. Anche su Riforma in queste settimane stiamo dando ampio spazio al tema, l’ultimo contributo è quello di Joachim Langeneck e Chiara Strazzulla (https://www.riforma.it/it/articolo/2023/07/20/lintelligenza-artificiale-non-ci-minaccia).

Fin dove potrà arrivare “l’umanità” dei robot? Quale livello di coscienza, emozioni e spiritualità potranno raggiungere? Qual è realmente lo stato attuale in materia di “intelligenza artificiale”? Indubbiamente questioni etiche hanno già cominciato a porsi, come quelle sollevate dai cosiddetti “deadbots”, che permettono di simulare una conversazione con una persona defunta, o ancora la “moralità” degli algoritmi di ChatGPT, che (sottolinea l’intervistato) in pochi mesi di esistenza è riuscita a evolversi “imparando dai suoi errori” e superando per esempio, alcuni stereotipi razzisti e sessisti iniziali. Viene da pensare, a giudicare dalla cronaca nostrana, che per gli esseri umani questa evoluzione è molto più lenta se non impossibile…

Occorre però, secondo l’articolo, “demistificare” la trattazione dell’argomento e in particolare le discussioni su una ipotetica “IA cosciente e senziente”, ancora ben di là da venire.

Con il secondo articolo, sempre a firma di Anne-Sylvie Sprenger, si mette in questione “la vita spirituale degli animali”, rivendicata dagli “antispecisti”, che sottolineano l’importanza di considerare gli animali come “individui”, con pari dignità, anche se non con “pari trattamento”, dal momento che specie animali diverse hanno differenti bisogni, una distinzione affatto sottile. Ma che cosa sappiamo davvero di che cosa “passa per la testa” degli animali? Hanno una “vita interiore” e come si configura?

In dialogo con etologi, filosofi, storici, l’articolo esplora anche questo aspetto, a partire dagli sviluppi degli studi sugli stati mentali degli animali degli ultimi decenni, che hanno rivelato dati sorprendenti sulla consapevolezza di sé, sugli stati psicologici ed emotivi. Elementi che dovrebbero farci abbandonare la (falsa) dicotomia uomo/animale, che (dice uno degli intervistati) da un lato ci pone erroneamente fuori dal regno animale, dall’altro non tiene conto dell’estrema varietà interna a quest’ultimo: la vita interiore di uno scimpanzé è altra cosa rispetto a quella di una trota o di una lucertola, dicono, e d’altra parte anche la vita mentale di una persona con Alzheimer, o in coma, è altra cosa rispetto a quella di uno Stephen Hawking o di un Leonardo da Vinci…

Infine, un terzo articolo (a firma Lucas Vuilleumier) che per alcuni aspetti richiama il tema precedente, sulla dimensione spirituale nelle relazioni di cura, negli ospedali, case di cura e simili: dopo il riconoscimento dell’importanza della salute fisica e psichica, la dimensione spirituale dei pazienti è sempre più riconosciuta tra le cure essenziali, ovviamente adeguata al credo di ciascuno, tenendo conto che “spiritualità” non coincide con “religione”, sottolineano gli esperti coinvolti nell’articolo, specialisti in cappellania.

È significativo che, come osserva Mario Drouin responsabile della formazione e dell’insegnamento della cappellania al Centre hospitalier et universitaire vaudois (Chuv), «l’importanza data alla cura spirituale [abbia] cominciato a essere presa in considerazione alla fine degli anni 70, quando si è cominciato a prendere le distanze dalle istituzioni religiose»: l’aspetto spirituale si è progressivamente sganciato dalle strutture ecclesiastiche, facendosi più individuale.
E tutto questo mentre in Italia ancora si dibatte sui diritti legati alla libertà religiosa, e la cappellania (ospedaliera o in strutture quali le carceri) per i non cattolici è spesso ancora una chimera. La realtà svizzera ci mostra che siamo già oltre…