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Conferenza delle chiese europee. Simone De Giuseppe entra nel Board

Si è chiusa a Tallinn, in Estonia, la 16^ Assemblea generale della Conferenza delle chiese europee (Kek). Fra le novità, il nuovo Governing Board, nel quale è entrato anche il pastore battista Simone De Giuseppe, delegato per l’Unione delle chiese evangeliche battiste in Italia (Ucebi). Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Intanto, congratulazioni per la sua elezione. Da chi è composto il Board oltre a lei, e quali sono gli impegni a breve e medio termine in cui sarete coinvolti?

Grazie. Per me è davvero un onore poter servire e portare il mio contributo all’interno del Governing Board della Conferenza delle chiese europee (Kek). Il Board è formato da 20 persone: il neo eletto presidente, l’arcivescovo ortodosso Nikitas di Thyateira e Gran Bretagna del Patriarcato ecumenico. Poi, la vicepresidenza, formata da Dagmar Winter, vescova anglicana di Huntingdon, della Chiesa d’Inghilterra, e dal pastore protestante Frank Kopania, che proviene dalla Chiesa evangelica in Germania (Ekd). Il Board è composto seguendo una logica di equilibri. Quindi, si cerca di bilanciare fra uomini e donne, fra diverse denominazioni o confessioni cristiane, fra persone laiche e persone ordinate, fra le diverse regioni di provenienza delle chiese che fanno parte della Kek in Europa e anche fra le diverse età, in modo da avere una pluralità che rispecchi il più possibile le chiese che appartengono alla Kek.

Quanto agli impegni, sicuramente ci si incontrerà ancora a novembre. Si stabiliranno ruoli a e aree di competenza all’interno del Board e poi si cercherà di iniziare a discutere e lavorare su quanto deliberato dall’Assemblea: strategie, obiettivi, cura delle relazioni con le istituzioni e con le chiese.

La Kek è un organismo che raggruppa chiese diverse tra loro per confessione e tradizione, ma anche per consistenza numerica (minoranza/maggioranza), o per localizzazione geografica che inevitabilmente influenza le priorità della testimonianza evangelica. Se è facile indicare le differenze, che cosa invece in questa Assemblea ha rappresentato l’unità dei cristiani europei?

Sicuramente le differenze tra le chiese che appartengono alla Kek sono davvero tante, ma ciò che davvero le unisce è la comune prospettiva ecumenica di vivere la fede. Quindi, c’è l’apertura al dialogo e al confronto fra le diverse tradizioni e teologie. Allo stesso tempo, vi è la consapevolezza di far parte dell’unico corpo di Gesù Cristo, nel quale ogni membro, ogni chiesa, è una parte fondamentale. Qualsiasi corpo non può funzionare perfettamente se una parte, anche nascosta e piccola, non funziona. Tutto il corpo ne risentirebbe. Questa consapevolezza di far parte dell’unico corpo di Cristo è ciò che davvero unisce le chiese della Kek.

Il documento sulle questioni pubbliche parla di: giustizia climatica, Ucraina, migranti. Può dirci qualcosa in più?

Per quanto riguarda la giustizia climatica, essa è stata portata all’attenzione dell’Assemblea soprattutto da parte delle giovani generazioni, che hanno scritto una mozione a riguardo. Nella mozione si mette in rilievo l’urgenza di affrontare la crisi climatica a partire dalla consapevolezza che essa è causata dall’azione umana, dall’ingiustizie e dal sistema economico che governa in questo momento le logiche mondiali. La KEK si è impegnata in questa Assemblea a ridurre il suo impatto ambientale, quantomeno nelle sue attività, nei prossimi cinque anni.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, è un tema di cui si è discusso molto durante l’Assemblea. Ci sono state due sessioni plenarie per ascoltare le voci di persone che si trovano in Ucraina, o che sono fuggite a motivo della guerra, o che vivono in paesi limitrofi. È stata votata una dichiarazione di condanna dell’aggressione militare russa nel territorio ucraino. La KEK ha espresso solidarietà e sostegno alla popolazione Ucraina, con l’impegno di portare avanti un percorso di dialogo per riuscire a trovare il prima possibile una pace giusta e per favorire tutte quelle iniziative che mirano alla riconciliazione fra i soggetti coinvolti.

Infine, il tema delle migrazioni. Proprio all’inizio dell’Assemblea c’è stato un altro tragico naufragio vicino alle coste della Grecia, in cui sono morte più di 500 persone. Questo ha toccato molto le persone che partecipavano all’Assemblea, che ha voluto esprimersi con una dichiarazione specifica. La Conferenza delle chiese europee intende continuare a sostenere le Organizzazioni che lavorano sul tema delle migrazioni, lavorare in partnership il più possibile e continuare la riflessione con le chiese composte soprattutto da migranti provenienti da altri continenti, comunità che compongono già la geografia delle chiese europee.

Il motto dell’Assemblea è stato “Dare forma al futuro“. Quale forma di futuro è emersa dall’Assemblea?

Il motto dell’assemblea era “sotto la benedizione di Dio dando forma al futuro” e quindi quale forma di futuro emersa dall’assemblea in realtà nessuna forma anzi si è cercato proprio di smontare il concetto che come chiese cristiane sia possibile controllare il futuro dell’Europa. si è voluto invece dare un messaggio controcorrente rispetto a una Società che attraverso le tecnologie diventa sempre più in grado di controllare le vite delle persone e l’organizzazione di qualsiasi cosa e invece rimettere tutto nelle mani di Dio all’ascolto di quello che il Signore può comunicare alle chiese in modo da rimanere aperti alla novità, al cambiamento sapendo che il futuro appartiene a Dio e a Dio soltanto e che solamente sotto la sua benedizione può prendere forma a partire dalla testimonianza delle chiese.

Nella conferenza stampa finale, il neo eletto presidente Nikitas ha usato tre parole chiave: fede, speranza e amore. Poi, ha aggiunto un messaggio di grande fiducia nelle giovani generazioni. In che modo secondo lei si può dare corpo e anima a un patto intergenerazionale che dia veramente voce e libertà di azione alle giovani generazioni?

L’Assemblea ha visto una buona partecipazione delle giovani generazioni, che hanno anche trovato voce durante i lavori. Tuttavia, tale voce non è ancora così forte da poter incidere sulle politiche e sulla vita della Conferenza. E quindi, cosa si può fare per dare veramente voce e libertà di azione alle giovani generazioni? Sicuramente una cosa che si può fare è garantire una quota per loro nei principali comitati della Kek, a partire dal Board. Allo stesso tempo, occorre che la Kek stringa le relazioni e faccia tesoro delle esperienze e delle attività delle diverse organizzazioni cristiane europee che già svolgono, durante l’anno, moltissimo lavoro. E che trattano tematiche più vicine alla sensibilità delle giovani generazioni.

Foto: Romeo/Caroli