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Prima bocciatura giudiziaria per il decreto “anti Ong” del governo Meloni

Prima verifica giudiziaria e prima bocciatura per il decreto “anti Ong” voluto dal governo Meloni. Lo “sbarco selettivo” delle persone migranti dalla nave di soccorso “Humanity1” era illegittimo. Per il tribunale di Catania il decreto del ministro Piantedosi «ha ostacolato in modo discriminatorio l’accesso delle persone salvate alla procedura d’asilo». Tutti i migranti che vengono salvati dalle navi umanitarie devono essere salvati e accolti, non solo quelli vulnerabili, come i minori.

Solo una «selezione» delle 179 persone che l’organizzazione di ricerca e soccorso aveva salvato in mare era stata autorizzata a sbarcare nel porto di Catania; 35 uomini, ritenuti «sani» erano stati costretti a rimanere a bordo e con loro la nave avrebbe dovuto lasciare le acque italiane. Uno “sbarco selettivo” che suscitò polemiche e proteste.

Secondo la giudice Maria Acagnino il decreto interministeriale «è illegittimo in quanto consente il salvataggio (comprensivo dell’approdo e sbarco in luogo sicuro) solo a chi sia in precarie condizioni di salute, contravvenendo al contenuto degli obblighi internazionali in materia di soccorso in mare». La sentenza arriva alla vigilia del voto finale alla Camera previsto per domani 15 febbraio sul decreto legge del 3 gennaio, che contiene la stretta alle navi da soccorso e il nuovo codice di condotta per le Ong.

Nel novembre 2022, la Ong SOS Humanity , insieme a un team legale italiano, ha sostenuto i 35 superstiti che inizialmente non erano stati autorizzati a sbarcare dalla Humanity 1, avviando un procedimento legale d’urgenza presso il Tribunale civile di Catania. L’obiettivo era quello di garantire con urgenza il loro diritto, in quanto richiedenti protezione, di accedere a una procedura formale per la presentazione della richiesta di asilo a terra. Prima che il Tribunale potesse prendere una decisione, i superstiti della Humanity 1 sono stati finalmente autorizzati a sbarcare l’8 novembre 2022. Questo cambiamento di politica è avvenuto dopo un’ampia copertura mediatica della selezione dei richiedenti protezione a bordo, le proteste locali e l’annuncio di uno sciopero della fame da parte dei 35 superstiti, seguito da una valutazione psicologica.

«Questa sentenza sottolinea come il nuovo Governo italiano sia obbligato a seguire il diritto internazionale» – afferma Mirka Schaefer, responsabile Advocacy di SOS Humanity – «I diritti dei rifugiati che cercano protezione internazionale non possono essere compromessi privando alcuni di loro del diritto di chiedere asilo in uno Stato membro dell’Unione Europea».

La sentenza del tribunale di Catania è disponibile qui in formato PDF.

Qui di seguito la vicenda come ben ricostruita dal sito della Ong Sos Humanity:

Mentre era ancora in mare e attendeva da 13 giorni un porto sicuro per i 179 superstiti a bordo, la sera del 4 novembre il capitano della Humanity 1 ha ricevuto una comunicazione ufficiale. Era firmata dai ministri italiani dell’Interno, Matteo Piantedosi, della Difesa, Guido Crosetto, e delle Infrastrutture e Mobilità, Matteo Salvini. Il Decreto vietava alla nave Humanity 1 di rimanere nelle acque territoriali italiane per un tempo superiore a quello «necessario a garantire le operazioni di soccorso e assistenza alle persone in condizioni di emergenza e in precarie condizioni di salute». Il decreto indicava che – invece di sbarcare tutte le persone soccorse secondo la legge del mare – le autorità avrebbero identificato le persone particolarmente vulnerabili e solo questa selezione di sopravvissuti sarebbe stata autorizzata a sbarcare dalla nave.

Il giorno dopo alla Humanity 1 è stato assegnato il porto di Catania. Dopo una selezione a bordo della Humanity 1 durata tutta la notte del 5 fino alle prime ore del mattino del 6 novembre, 36 maschi adulti giudicati “sani” sono stati costretti a rimanere sulla nave, e SOS Humanity ha intrapreso un’azione legale. Un uomo ha avuto un esaurimento nervoso ed è stato trasferito in ospedale. Il giorno successivo, i 35 sopravvissuti rimasti sul ponte della nave hanno iniziato uno sciopero della fame.

Sulla base del Decreto interministeriale il capitano, Joachim Ebeling, è stato invitato dalle Autorità italiane a lasciare nuovamente il porto con i 35 sopravvissuti a bordo, ma ha rifiutato invocando il rispetto del diritto marittimo: «È mio dovere completare il soccorso delle persone in difficoltà sbarcando tutti i superstiti nel porto di Catania. Non posso lasciare il porto finché non sono sbarcati tutti i naufraghi soccorsi in mare».