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L’informazione è tutelata dalla Costituzione: un po’ meno lo sono i giornalisti

L’informazione è certamente un bene comune «ed è esplicitamente tutelata dalla nostra Carta Costituzionale. L’articolo 21, infatti, afferma che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Riguarda dunque ogni cittadina e cittadino italiano. L’articolo sottolinea altresì il valore della stampa che «non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/parte-i/titolo-i/articolo-21).

L’ha ricordato, lo scorso 3 febbraio, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio inviato al presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli (https://www.quirinale.it/elementi/79004).

Per l’occasione è stato promosso l’incontro dal titolo: Sessant’anni dell’Ordine, le sfide del futuro e il dovere della verità, che si è tenuto presso la Biblioteca Nazionale di Roma.

«I giornalisti hanno una responsabilità enorme», accentuata «dalla moltiplicazione delle fonti d’informazione offerta dalla rivoluzione del web», ricorda Mattarella, « […]Le sfide che il mondo dell’informazione è chiamato a raccogliere – si legge ancora nel messaggio -, a partire dalle applicazioni della intelligenza artificiale, non possono prescindere dal rispetto dei canoni fondamentali tracciati per la professione dalla legge Gonella. Il mercato globale con cui siamo chiamati a confrontarci nella Società dell’informazione, necessita di robuste garanzie, quali quelle offerte a livello di Unione Europea dalle proposte avanzate in sede di elaborazione del Media Freedom Act. Il rispetto delle attività professionali dei giornalisti è componente essenziale del nostro sistema di libertà. Le aggressioni, le intimidazioni di cui il loro lavoro è ancora, talvolta, oggetto sono intollerabili per la Repubblica».

Durante l’incontro sono poi stati letti i nomi di 31 colleghi giornalisti che hanno pagato con la vita il loro impegno, la scelta etica e deontologica «di raccontare molte verità nascoste o scomode», ha rilevato Carlo Bartoli, citandoli uno a uno: Cosimo Cristina, Mauro de Mauro, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano, Mino Pecorelli, Giancarlo Siani, Carlo Casalegno, Walter Tobagi, Graziella De Palo, Italo Toni, Almerigo Grilz, Guido Puletti, Marco Luchetta, Alessandro Ota, Dario D’Angelo, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marcello Palmisano, Gabriel Gruener, Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Raffaele Ciriello, Enzo Baldoni, Fabio Polenghi, Vittorio Arrigoni, Andrea Rocchelli e Simone Camilli.

L’Italia, infatti, detiene un triste primato europeo, sono ventidue i giornalisti costretti a vivere sotto scorta.

Tra i temi posti agli ospiti istituzionali presenti, infatti, le minacce rivolte ai giornalisti, le querele bavaglio, l’alta precarietà; la battaglia contro la disinformazione che corre online e, infine, ma certamente non un tema nuovo seppur di nuovo in voga in questi giorni: l’uso delle intercettazioni.

Tra gli ospiti il ministro alla Giustizia Carlo Nordio con l’ex ministro Giovanni Maria Flick e il sottosegretario Alberto Branchini, infine Pina Picerno (vicepresidente del parlamento europeo).

«[…] É indispensabile garantire l’accesso alle fonti, a cominciare da quelle giudiziarie, estendere a tutti gli iscritti all’Albo, la norma sul “segreto professionale” senza il quale i giornalisti verrebbero privati di fonti importanti e i cittadini finirebbero per essere imbavagliati.
Così, com’è urgente una norma che scoraggi le azioni giudiziarie temerarie, le cosiddette querele bavaglio – ha rilevato Bartoli – (https://www.odg.it/60-anni-ordine-bartoli-pronti-alle-sfide-del-futuro/48623). La presunzione d’innocenza è un principio sacrosanto, ma non può diventare un alibi per tacere di fatti di grande rilevanza pubblica. Sulle intercettazioni esiste già una legge che deve essere applicata con maggiore attenzione dalla magistratura e comunque siamo aperti al confronto, stimolando i colleghi a un vaglio più attento, selezionando brani di conversazioni non utili alla comprensione dei fatti ma che portano alla ribalta relazioni e fatti privati del tutto ininfluenti e non di interesse pubblico».

Presenti anche molti i giornalisti minacciati e che tuttora vivono sotto tutela della scorta, fra gli altri, Andrea Luchetta, Nello Scavo, Sara Lucaroni e il saluto della segretaria del Cnog, Paola Spadari: «[…] Non sono gli unici – ha proseguito Bartoli -: ci sono molte altre storie: auto bruciate, buste con proiettili o animali sgozzati recapitati a domicilio, avvertimenti di ogni tipo. A minacce e violenze si aggiungono altri atti intimidatori, più sofisticati, ma non meno temibili. Ogni anno sono centinaia le azioni giudiziarie palesemente infondate che pesano come macigni sul lavoro di giornaliste e giornalisti. E sono ancora più pesanti quando le querele o le esorbitanti richieste di risarcimento colpiscono le fasce più deboli della professione. Sono azioni vigliacche che talvolta raggiungono lo scopo di far desistere dallo scrivere il vero (https://www.fnsi.it/60-anni-dellordine-dei-giornalisti-mattarella-linformazione-veicolo-di-liberta).
A queste difficoltà si aggiunge una condizione del lavoro giornalistico sempre più frammentata, con troppa precarietà, che inevitabilmente incide sulla qualità, con colleghe e colleghi sottopagati a fronte di un enorme impegno, spesso senza prospettive di stabilizzazione».