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20 dicembre 1992. La prima volta di Ilaria Alpi in Somalia

La rubrica Dalla parte di lei, pubblicata sul sito Articolo 21.org https://www.articolo21.org/2022/12/20-dicembre-1992-trentanni-fa-la-prima-volta-di-ilaria-alpi-in-somalia/, torna sulla figura di Ilaria Alpi – non come già fatto alcuni mesi fa per tracciarne il profilo di giornalista tenace e appassionata del suo lavoro -, bensì per ripercorrere l’ultimo anno della sua vita, tornando sulle sue tracce, risalendo a ritroso i suoi spostamenti, in particolare i suoi viaggi in Somalia, dal dicembre 1992 al marzo 1994.

Un percorso che si muove su due binari: inseguendo la cronologia dei viaggi in terra africana, ma soprattutto sforzandoci, nei limiti del possibile, di ricostruire le mappe mentali di Ilaria, la sua frenetica ricerca d’indizi, di tracce, di connessioni tra gli eventi oscuri e inquietanti che accaddero in Italia in quegli anni, spesso riconducibili a traffici di armi e che gettarono un’ombra lunga sulla cooperazione internazionale.

È un modo per non dimenticare la figura di Ilaria Alpi e per rendere un omaggio riconoscente alla sua intelligente e infaticabile attività di reporter che non si è mai fermata alla superficie delle cose, non si è mai accontenta delle spiegazioni semplici e banali elargite dai mezzi d’informazione, ma scavando è andata sempre oltre, alla ricerca di altre fonti per far luce sul sommerso, sul taciuto, di documenti spariti. 

Ilaria nella sua attività investigativa era abituata a porsi tante domande destinate purtroppo a restare inevase o a suscitarne altre addirittura inquietanti e pericolose per chi se le poneva.

Vogliamo, insomma, evidenziare al meglio l’esemplarità del suo modo di lavorare, la cura scrupolosa che metteva nella documentazione, nella ricerca di connessioni e d’interconnessioni tra gli eventi, perché solo in questo modo il suo sacrificio può continuare a parlare al presente e dare nuovi frutti.

Quando Ilaria Alpi compie la sua prima missione in Somalia (20 dicembre 1992-10 gennaio 1993), trent’anni fa esatti, erano arrivati da pochi giorni in terra africana i primi elementi di ricognizione di un contingente militare, inviato a seguito di una decisione del Parlamento Italiano di partecipare alla missione internazionale di pace, «umanitaria» decisa dall’Onu (in data 3 dicembre 1992; la risoluzione 794) che prevedeva una coalizione sotto il comando USA.

Ripercorrere le sette missioni di Ilaria in poco più di un anno significa in primo luogo capire perché decise di andare in Somalia, sulla scorta di quali informazioni e perché partì in fretta da Pisa insieme al comandante di Italfor, il generale Giampiero Rossi.

La nostra rubrica intende partire da questo primo viaggio, compiuto esattamente trenta anni fa. (Adriana Chemello)

20 dicembre 1992. Trent’anni fa la prima volta di Ilaria Alpi in Somalia

Mariangela Gritta Grainer

Dai racconti di Luciana e Giorgio Alpi, genitori di Ilaria, dai ricordi dei suoi amici, dai suoi lavori scritti prima di entrare in Rai, dai reportage delle sue missioni fino a quella che le sarà fatale nella «sua Somalia», emerge il profilo di una donna appassionata e di talento, il ritratto di una donna giornalista: difficile distinguere la donna dalla giornalista. 

Sarà inviata per l’Estero del Tg3 a Parigi, Marocco, Algeria, Belgrado, Zagabria da dove era appena tornata, prima della sua ultima missione in Somalia insieme a Miran Hrovatin.

Approfondiva, Ilaria, non si accontentava mai di una versione sola, andava a scavare per raggiungere la verità dei fatti, soprattutto se quei «fatti» riguardavano la violazione dei diritti umani, in particolare dei bambini e delle donne. 

La sua voce era diventata nei primi anni ’90 la voce della Somalia dolente e violentata, che pagava ogni giorno tributi di sangue alla guerra fratricida e agli interessi internazionali che la flagellavano. Ilaria ha voluto approfondire, andare a fondo nella storia d’illegalità e traffico di armi e di rifiuti che la popolazione somala subiva. Ha voluto seguire «una pista» pericolosa, che ha segnato la sua morte. Una storia che non ha mai potuto raccontare.

Nel 1990 il gruppo della Sinistra Indipendente inizia la pubblicazione, in Parlamento, di vari dossier che svelano la «mala cooperazione» con i paesi in via di sviluppo, un’altra tangentopoli. 

Uno di questi dossier curato da Ettore Masina è dedicato interamente alla Somalia (pubblicato nel febbraio 1991): abbiamo potuto verificare che Ilaria lo aveva sulla sua scrivania, tra la copiosa documentazione che conservava in ufficio a Saxa Rubra.

In quel dossier si legge nella premessa:

«L’analisi degli interventi di Cooperazione Italiana in Somalia […] conduce ad alcuni drammatici “peccati capitali”. […] La Cooperazione ha subito pesantemente la logica di interessi particolari espressi in Italia da aziende, lobby e gruppi di pressione, che niente avevano a che fare con i bisogni reali della Somalia. Questa logica ha remunerato interessi illegittimi in Somalia e in Italia, ha contribuito gravemente ad accentuare la corruzione ed il distacco definitivo dell’Amministrazione Somala dai bisogni espressi dal paese […]  Dieci anni di cooperazione sbagliata hanno contribuito gravemente al processo di deterioramento del paese, sfociato negli ultimi drammatici eventi. Si è impedita qualsiasi forma di organizzazione della società, insomma si è costruito il disastro finale». 

I peccati capitali principali sono puntualmente descritti e ci sono anche quelli di cui Ilaria si occuperà nelle sue sette missioni in Somalia (scoprendo una contiguità di questi «peccati» con traffici illeciti e criminali di armi e di rifiuti tossici, tra cui anche quelli radioattivi).

Nel testo redatto dal curatore del Dossier, Ettore Masina, si legge ancora:

«[…] la parte più cospicua [degli interventi della cooperazione] è costituita dalla strada Garoe Bosaso (260 miliardi). Questa strada attraversa per lo più le due regioni di Bari e Sanaag, abitata da 200.000-300.000 persone sparse su una superficie di 20.000 km2, quasi interamente pastori nomadi che vivono dell’economia del cammello. Sembra perfino comico chiedersi quale beneficio possano trovare questi da quel magnifico nastro d’asfalto. […] il porto di Bosaso, altro progetto concentrato e assolutamente sproporzionato rispetto ad ogni suo futuribile utilizzazione, [….] Progetto Pesca Oceanica (quello dei pescherecci della Shifco): costo totale di circa 100 miliardi».

Nel 2012 Stefano Massini pubblica una pièce teatrale dal titolo molto eloquente, «Lo schifo – Omicidio non casuale di Ilaria Alpi nella nostra ventunesima regione» –. 

Si può notare che «Schifo» è l’anagramma della società Shifco. 

Shifco e Mugne, due nomi che troviamo scritti sul block-notes di Ilaria, anch’esso custodito nel suo studio a Saxa Rubra insieme con la nota più conosciuta: «1.400 miliardi di lire: dove è finita questa impressionante mole di denaro? […]» (che viene ripresa da una pagina del dossier del 1991).

In Italia, la sera del 10 aprile 1991, a Livorno si consuma la tragedia del Moby Prince: 140 morti un solo super­stite. 

Una tragedia ancora senza verità. In quei giorni, al porto di Livorno è presente la “21 Oktobar II”, nave madre dei sei pesche­recci della Shifco, donati dalla cooperazione italiana alla Somalia con una storia piuttosto singolare ed allarmante che inizia nel 1979. 

All’epoca, solo «gli addetti ai lavori» co­noscono la «21 Oktobar II», la Shifco, Omar Mugne il suo capo, la storia della cooperazione italo-somala, della sua contiguità con traffici di armi e di rifiuti tossici. La sera della tragedia del Moby Prince, la «21 Oktobar II» stazionava nelle acque del porto di Livorno. 

Siamo nel 1991, tre anni prima dell’esecuzione di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin. 

Tangentopoli scoppierà un anno dopo, con l’ordine di cattura per l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, cui seguiranno le stragi di mafia del 1992 (Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), del 1993 con le bombe a Firenze, Roma, Milano, del 1994 con il fallito attentato allo stadio di Roma, di cui si sveleranno le connessioni con la P2 di Licio Gelli. Tutto ciò provocherà una crisi profonda della politica e la fine della prima Repubblica. 

Di tutto questo abbiamo (oggi) ampia documentazione che riguarda anche l’affare dei sei pescherecci sui quali Ilaria stava già indagando, e forse aveva intravisto connessioni con traffici oscuri. Leggi l’articolo completo cliccando qui

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