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Lavoro: una preoccupazione anche delle chiese

In occasione dell’ultimo Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, è stato approvato un ampio documento sul tema del lavoro che pone l’accento su alcune emergenze: salari bassi, discriminazioni, mancanza di tutele, questione ambientale, scarsa formazione.

Temi molto simili sono al centro del dossier di settembre del mensile svizzero Réformés (il pdf si può trovare qui), giornale finanziato dalle chiese protestanti svizzere dei cantoni di Vaud, Neuchâtel, Ginevra, Berna e Giura e interessato ad approfondire in una prospettiva protestante le principali questioni contemporanee.

Il dossier («Quando fare carriera non è più una certezza») contiene cinque articoli (più un racconto per i bambini dagli 8 ai 12 anni, per lanciare il dibattito anche nelle famiglie), che sottolineano in particolare la precarizzazione e l’instabilità, aggravate anche dalla pandemia. 

Nel suo editoriale il caporedattore Joël Burri pone l’accento sul «nostro rapporto con il lavoro»: l’aumento del precariato, con i contratti “a chiamata” o a tempo determinato, l’”uberizzazione”, l’impossibilità per un numero crescente di famiglie di far fronte agli imprevisti (il 20% in Svizzera, secondo l’infografica presente nel dossier). Scrive Burri: «Nel nostro modello economico sempre più concorrenziale, il valore umano sembra in declino. E da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, un numero crescente di persone fatica a trovare un senso nella propria attività, o si trova in netto disaccordo con i valori della propria azienda».

Sul sito di Réformés si trova un dossier con una decina di articoli che integra quelli del mensile con altri meno recenti, che affrontano il tema sotto diversi punti di vista:

–  la riflessione sul concetto di “precarietà”, legato anche al percorso di vita e quindi in una certa misura soggettivo; l’importanza della formazione continua.

–  Il significato del lavoro nella costruzione di sé e della propria identità: uno scollamento sempre maggiore; oggi è sempre più difficile avere un rapporto “sano” con il proprio lavoro, in particolare nel rapporto tra vita professionale e vita privata; spesso ci si trova di fronte a un sistema di lavoro “predatorio”.

–  Il lavoro come fonte di sofferenza nelle testimonianze di pastori e diaconi impegnati nella pastorale ecumenica del lavoro nel cantone di Vaud. “Che contributo può fornire la Chiesa?” è una delle domande: «Tempo, ascolto senza giudicare, a volte uno spazio sicuro (“Le persone che beneficiano di un aiuto devono spesso compilare molti documenti, per giustificare le loro spese, le loro azioni. E ogni errore può portare a delle sanzioni”, osserva la diacona Magali Borgeaud-dit-Avocat). A volte basta un po’ di umanità in più: “Vado nelle case delle persone, è importante, anche quando la casa è una panchina. Ho scoperto che dare alle persone vulnerabili la possibilità di offrirmi un caffè o un semplice bicchiere d’acqua ridona loro un po’ di dignità. Potermi mostrare il loro luogo di vita, svelarmi una parte della loro ricchezza, è gratificante».

–  Le categorie più a rischio in un mercato del lavoro con poche garanzie, che rende impossibile fare progetti per il futuro; la disparità tra lavoratori e lavoratrici, a maggior ragione se immigrate, sole e con un basso livello di istruzione. La spirale negativa che colpisce i lavoratori stranieri poco formati e influisce anche sulla loro integrazione. A questo proposito, lo scorso giugno l’Aiuto delle chiese evangeliche in Svizzera (Aces-Eper-Heks) ha presentato al Parlamento federale una petizione chiedendo un «aiuto sociale giusto» per le persone di origine straniera, sempre più discriminate.

–  Il rapporto tra lavoro e ambiente: è sempre più avvertito dai lavoratori il divario tra le scelte personali e le prassi di molte aziende, che porta anche a «una profonda crisi esistenziale e identitaria»: la testimonianza di una rete di psicologhe del lavoro e della rete “Slow ta carrière”.

–  L’aspetto della tecnologia: come sta cambiando il mondo del lavoro “umano” con la quarta rivoluzione industriale; il ruolo dell’intelligenza artificiale.

Nel suo blog il pastore emerito (ma ancora in servizio a tempo parziale nella chiesa di Pully-Paudex) Pierre Farron, segretario dell’associazione “Chrétiens au travail”, che da tempo studia il mondo del lavoro, saluta positivamente il dossier scrivendo: «Troppe persone soffrono nel loro lavoro o nella disoccupazione in un modo che lede gravemente la loro dignità. L’argomento è di primaria importanza, perché il lavoro retribuito occupa una parte considerevole delle nostre esistenze e la sua degradazione mina la nostra umanità. La crescente precarietà del lavoro dovrebbe spingerci a interrogarci sulle sue cause. Sarebbe poco lucido considerarle esterne a noi, come se fossimo delle semplici vittime di un destino ingiusto. Come ha mostrato Jean-Claude Guillebaud, in particolare nella sua opera La force de conviction, ci siamo inchinati fino a terra davanti a una divinizzazione del Mercato che degrada sia l’essere umano sia l’ambiente. La crisi ha, in effetti, una dimensione spirituale che ha diversi aspetti, in particolare etici: affinché il lavoro sia vissuto bene, è necessaria una base etica accettata dai diversi attori. Senza di essa, diventa un terreno dove l’unica legge che regna è quella del più forte. Questa base etica va di pari passo con una ricerca del bene comune che, nella nostra società, dovrà essere definito in un dialogo rispettoso tra persone di tradizioni religiose diverse. In questo dialogo non abbiamo il monopolio, come cristiani, ma abbiamo un contributo essenziale da dare».