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Una voce univoca

Quando il Gruppo del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) incentrato sul clima si riunisce (organo con voce consultiva) non vede l’ora di offrire tutti i frutti del proprio lavoro per la riflessione e, cosa più importante, di farlo in vista dell’11a Assemblea del Cec a Karlsruhe. 

Henrik Grape, consulente senior per la cura per la creazione, la sostenibilità e la giustizia climatica è stato intervistato dal Cec. 

Quali sono i punti salienti e gli sforzi in corso del Gruppo di lavoro sul clima in vista dell’11a Assemblea del Cec?

«Il gruppo di lavoro sui cambiamenti climatici non ha potuto incontrarsi di persona dal 2019 a causa della pandemia. Però ci siamo incontrati online più volte e abbiamo continuato il nostro fruttuoso lavoro. Emerge con forza, grazie alle prove scientifiche e alle sofferenze umane legate al cambiamento climatico, che la situazione è sempre più seria. Abbiamo raccolto molte voci anche dalla nostra rete di comunità di chiese. Per essere espliciti è necessario agire immediatamente, univocamente, per la giustizia climatica. 

Ci sarà nell’imminente incontro il tempo di riflettere su ciò che abbiamo fatto nel corso degli anni e di immaginare il futuro. Il Cec potrà essere più efficace se sarà in grado di ispirare il lavoro delle chiese e delle congregazioni. Oggi è altresì necessario esortare i governi a perseguire un’azione profonda, immediata, per rispondere all’emergenza climatica e a esplorare nuove interconnessioni. Ad esempio, mostrando il nostro lavoro con i popoli indigeni, come evidenzia il Rapporto del Comitato centrale del Cec. 

Ciò varrà anche per la cooperazione in materia di giustizia idrica e sicurezza alimentare. Ci auguriamo che il lavoro del Cec – dopo l’Assemblea – possa muoversi con azioni mirate e basate sulle trasformazioni socio-economiche; come sottolineato dai rapporti dell’Ipcc […]. Un aspetto importante del nostro impegno in materia è il dialogo interreligioso sulla giustizia climatica che il Cec pratica ormai da diversi anni. Durante la pandemia questo lavoro interreligioso è notevolmente cresciuto e sono innumerevoli le iniziative in cui il Cec è stato protagonista o partner. Mobilitare la voce interreligiosa sul cambiamento climatico è dirimente. 

Cosa si aspetta dalla futura Assemblea?

«Che le Conversazioni ecumeniche sull’acqua e sul clima diventino prioritarie. I risultati di quel futuro dialogo rafforzeranno la voce ecumenica. Altresì mostreranno tutta l’importanza dell’agenda sulla giustizia economica e sull’azione in materia di alimentazione e di salute. Spero anche che la celebrazione del Tempo del Creato rafforzi il nostro lavoro. Dato che saremo all’assemblea dal 1° settembre. Infine, non vedo l’ora di entrare in contatto con le voci degli indigeni e delle indigene e delle nuove generazioni».

Vuole commentare la COP in Egitto?

«La Cop27 è molto importante poiché la revisione degli obiettivi per mantenere la soglia degli 1,5 gradi sarà d’ora in poi una costante ad ogni Cop, anziché ogni cinque anni. I rapporti dell’Ipcc sono ormai chiari a tutti e ricordano che il lasso di tempo è ormai brevissimo per ridurre le emissioni. I contributi finanziari promessi ai fondi di adattamento devono essere rispettati. Questa volta, la sfida sarà ancor più grande a causa della guerra in Ucraina e della pandemia di Covid-19. Molti paesi sembrano nascondersi dietro quegli eventi. La Cop27 in Egitto è importante per le comunità di fede; dobbiamo avere un buon dialogo interreligioso. Mobilitare una voce moralmente unita è l’unica via per fare passi in avanti e passi coraggiosi. Penso che il Cec sia un attore importante per giungere a quest’obiettivo. Speriamo di vedere le chiese membro nel mondo come voci attive alla Cop27. Ed è bene ricordare che la Cop27 è una “Cop africana”, anche se si trova più nella regione del Medio Oriente. Vediamo un forte impegno da parte della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa essere attive e in prima linea. Essere un esempio di voce viva per la giustizia climatica».