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Lotta alla crisi climatica: le donne in primo piano

Durante una tavola rotonda presso la 66a Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne (CSW), i leader luterani di Africa, Europa e Stati Uniti hanno chiesto che la conoscenza e l’esperienza delle donne siano al centro di tutti i processi decisionali per affrontare la crisi climatica.

L’evento, ospitato dalla Federazione luterana mondiale (Flm) e dalla Chiesa evangelica luterana in America (Elca), ha anche messo in evidenza l’impegno dei giovani affinché la voce delle donne sia ascoltata nei luoghi in cui le politiche e i programmi ambientali sono determinati. L’evento, intitolato «Donne in prima linea nell’adattamento e nella attenuazione dei cambiamenti climatici», si è concluso con un invito a «portare i finanziamenti per il clima nelle mani di agricoltrici e imprenditrici» al fine di compiere progressi verso il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015.

Le statistiche mostrano che le donne hanno 14 volte più probabilità degli uomini di perdere la vita quando si verificano disastri naturali. Ed è anche molto più probabile che vengano sfollate a causa della crescente siccità, incendi e inondazioni che distruggono case e mezzi di sussistenza. Inoltre, le donne che sopravvivono sono molto più vulnerabili agli effetti dannosi del cambiamento climatico, come ha sottolineato la segretaria generale della Flm, la rev. Anne Burghardt, nel suo intervento di apertura.

Burghardt ha indicato i modi in cui la Flm ha lavorato a livello globale e locale per promuovere finanziamenti sostenibili ed equi per il clima in vista di soluzioni pratiche. Le storie di successo, ha affermato, includono: il sostegno alle donne per diventare ingegneri di celle solari, l’installazione di pannelli fotovoltaici in aree povere, e la conservazione della flora in via di estinzione attraverso progetti di sostentamento innovativi. In quanto Comunione globale delle chiese coinvolte nel lavoro umanitario e di sviluppo, ha insistito Burghardt, la Flm cerca di difendere i diritti e la dignità di tutti gli esseri umani, radicando queste attività «nella nostra tradizione di fede».

L’ingegnere ambientale Abdoul Aziz, coordinatore del progetto della Flm nel nord del Camerun, ha condiviso la sua esperienza di lavoro con donne e ragazze che percorrono lunghe distanze per raccogliere legna da ardere che scarseggia sempre più nella regione. Inoltre ha riferito della formazione rivolta alle donne nel campo profughi di Minawao riguardante l’uso di forni a energia solare, nonché la produzione di stufe a basso consumo energetico e carbone ecologico a base di biomassa. Le donne sono anche impegnate in attività di piantumazione di alberi, utilizzando l’innovativa tecnologia “bozzolo” per preservare le preziose riserve d’acqua e per fertilizzare il suolo circostante.

Parlando da una prospettiva globale, Savanna Sullivan, responsabile del programma giovanile della Flm, ha condiviso la sua esperienza di guida di un’ampia delegazione di giovani attivisti per il clima al vertice COP26 di Glasgow lo scorso novembre. I giovani, ha sottolineato, sosterranno il peso maggiore della crisi climatica, con le giovani donne che continueranno a soffrire in modo doppiamente sproporzionato per gli effetti del riscaldamento globale. Ha fornito esempi di giovani donne nella delegazione della COP che hanno intrapreso azioni creative per comunicare l’urgenza della crisi, inclusa la produzione di video clip su TikTok e una presentazione del lavoro con le comunità indigene che vivono appena a sud del Circolo Polare Artico in Canada.

La prima donna vescovo afroamericana dell’Elca, la rev. Patricia Davenport, ha sottolineato come l’emergenza climatica sia parte di una più ampia crisi di valori morali e spirituali, in cui le decisioni si basano sul desiderio di una crescita economica costante. Ha affermato che il progresso dell’uguaglianza di genere nell’area della giustizia climatica porterà risultati anche in altri settori, tra cui salute, sicurezza alimentare e riduzione della povertà.

Mentre la direttrice delle politiche pubbliche dell’Elca, Regina Banks, ha affermato che i governi devono ascoltare le storie di donne che si sforzano di tenere insieme le preoccupazioni ambientali con le sfide pratiche della loro vita familiare e lavorativa. 

Infine il capo della Global Advocacy della Flm, Isaiah Toroitich, ha affermato che gli «impatti catastrofici» continueranno a colpire in modo sproporzionato donne e ragazze a meno che non si intensifichi «un’azione di trasformazione di genere».

L’evento si è concluso con un forte invito all’azione di Nora Antonsen, leader del Consiglio dei giovani della Chiesa di Norvegia e membro della delegazione della Flm alla COP26. Sebbene il suo paese sia spesso visto come esempio di successo in termini di uguaglianza di genere, ha notato che «poche donne sono presenti nei settori dei trasporti e del petrolio». Gli studi dimostrano che le donne a livello globale sono più preoccupate per la crisi climatica e hanno maggiori probabilità di sostenere le politiche per ridurre le emissioni, ma solo il 10% circa dei leader mondiali alla COP26 erano donne, ha sottolineato Antonsen. In vista del prossimo vertice sul clima, ha esortato i governi ad aumentare i finanziamenti per le donne che già guidano percorsi di contrasto al cambiamento climatico e ha invitato i leader religiosi a ispirare gli altri modellando «un impegno a lungo termine per la giustizia climatica intergenerazionale».