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Il riscatto di Anna

Non c’è rocca pari al nostro Dio
I Samuele 2, 2

Nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù
I Corinzi 3, 11

Anna è una donna molto amata dal marito Elcana, ma che subisce il giudizio di una società che ha aspettative ben precise su di lei. Oltre ad essere una moglie amata, Anna deve essere anche madre. La discendenza, per il popolo ebraico di quel tempo, è una promessa di Dio, una benedizione.

A far notare ad Anna quanto sia scomoda la sua condizione di donna sterile nella società del tempo è la seconda moglie di Elcana: Pennina, che ha ben due figli dal marito. Lo sguardo malevolo di questa donna induce Anna in uno stato di grande frustrazione. Quanto dolore è presente nella storia della nascita di Samuele! Anna si rifugia in un santuario e prega incessantemente da essere presa per ubriaca da Eli. Questa donna è vittima di una violenza psicologica che la fa sentire “inadeguata” rispetto a quanto ci si aspetta da lei. Molte sono le donne che, ancora oggi, subiscono soprusi di questo tipo.

La risposta di Dio a questa sofferenza apre uno spiraglio di libertà e liberazione. Anna si unirà al marito e rimarrà incinta, ma il figlio che partorirà non servirà alla causa di un sistema patriarcale basato sulla genealogia, ma a quella di Dio. Il Signore non fa di Anna una donna degna di una società maschile, ma uno strumento per il suo proposito di salvezza.

Samuele, il figlio nato, non sarà soltanto un nome all’interno di un elenco di nomi tutto al maschile, ma un profeta nato per le preghiere di sua madre. La donna schiacciata dal peso della sua condizione viene portata in alto, sul monte del riscatto e non dovrà ringraziare un uomo per questo, ma solo Dio.

Immagine: Anna e Samuele al tempio (scuola di Rembrandt, XVII sec.)