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Lo stundista Pavel Rudenko

Una quindicina d’anni fa l’editrice Claudiana ha pubblicato un saggio sullo stundismo[1] (che Giorgio Bouchard presentò su “Riforma”[2]), e chi lo lesse ricorderà che lo stundismo fu un movimento evangelico autonomo nelle terre prima ucraine e poi russe suscitato dalla diffusione d’una tipica forma d’aggregazione del pietismo tedesco (le Stunden, ore di meditazione biblica) nel mondo del contadiname di tradizione ortodossa. Tale fenomeno, aggiungo io, s’inscrive nella lunga storia dei contatti di movimenti evangelici occidentali in Russia (dai lollardi e piccardi nel XIV secolo, ai valdo-hussiti nel XV, via via con gli antitrinitari nel XVI, quaccheri nel XVII-XVIII, fino al XIX -con pietisti e battisti- e oltre), emergendo talora nella storia “grande”, non soltanto religiosa. Perché l’avversione alla “religione di stato” faceva percepire gli accoliti russi di quei movimenti come avversi anche al potere politico, e ciò fu particolarmente evidente con gli stundisti alla fine del XIX secolo.

Per questo un ramo del movimento rivoluzionario tentò (senza successo) di farseli alleati nella lotta contro lo zarismo; e fu per questo che uno dei protagonisti, Sergej Stepnjak-Kravčinskij, s’interessò di loro. Stepnjak, emigrato in Occidente dopo aver ucciso il capo della polizia di Pietroburgo, visse anche in Italia (dove partecipò con gli anarchici alla rivolta del Matese e dove pubblicò il suo pamphlet La Russia sotterranea); si fermò infine a Londra, dove tra l’altro si dedicò a ricostruire le vicende di quei “settari”, in un romanzo che adesso appare in italiano[3] (e che 15 anni fa non fu possibile pubblicare).

Non meno interessante del testo è la storia della sua elaborazione: Stepnjak-Kravčinskij intraprese la raccolta di materiale sullo stundismo su richiesta d’una militante evangelica inglese che in quegli anni si interessava della sorte dei movimenti evangelici in Russia, discriminati e perseguitati dalla chiesa (ortodossa) e dallo zar. Si chiamava Hesba Stretton, veniva da ambiente metodista, ed è nota anche come scrittrice per la gioventù: una sua opera, La via del Pellegrino, fu pubblicata a suo tempo in italiano dalla Claudiana (1898). Il racconto-verità sugli stundisti apparve nel 1894 in russo a Londra a firma di Stepnjak con il titolo ora tradotto in italiano, ma era già apparso nel 1891 in inglese a firma di Hesba Stretton, col titolo La strada maestra del dolore, con cinque stellette che celavano il nome di Stepnjak, il quale non aveva voluto firmarlo per via delle finalità marcatamente religiose cui la scrittrice inglese aveva piegato il materiale.

Il romanzo è ora presentato da noi in una buona versione (con qualche accento di “cattolicese”), ma senza una riga di presentazione, sicché il lettore dovrà limitare la lettura del testo alla percezione della vicenda, che peraltro ben figura nella catena plurisecolare di opere russe sui lavori forzati (dalle Memorie da un mortuario di Fedor Dostoevskij a Una giornata di Ivan Denisovič di Aleksandr Solženicyn); ed è curioso – per il lettore evangelico – veder riportato integralmente nel libro d’un terrorista russo uno degli inni più noti dell’evangelismo inglese, Tell me the old, old story, la cui melodia di G. W. Doane è stata a lungo ripresa nel nostro Innario, sulle parole di Presso di te Signore.

1. R. De Giorgi, I quieti della terra, Claudiana, 2006.

2. G. Bouchard, Gli stundisti e il battismo russo, “Riforma”, n. 23, 9 giugno 2006.

3. S. M. Stepnjak-Kravčinskij, Lo stundista Pavel Rudenko, trad. B. De Nicolao, Amazon, s. d. [2019], s.i.p.